News sentenze Cassazione marzo 2013
Il proprietario del piano superiore non può chiudere la scala con una porta
La Corte di Cassazione con sentenza n. 4419 del 21 febbraio 2013 ha stabilito che, all’interno di una struttura condominiale composta da due soli piani, il condomino che abita all’ultimo piano non può chiudere con una porta la parte di scala che permette di accedere al piano di sua esclusiva proprietà.
La Corte ha disposto che la scala condominiale esterna che collega, come nel caso di specie, i due piani appartenenti a diversi proprietari non può essere ricompresa tra gli accessori dell’immobile di esclusiva proprietà del singolo.
La Corte, inoltre, sottolineando che la scala condominiale è parte comune del condominio se il contrario non risulta da un titolo che giustifichi la proprietà del singolo, ha statuito che il condomino non possa escludere dalla proprietà comune gli altri condomini per il solo fatto che quest’ultimi non utilizzano mai la parte di scala che da accesso al suo piano.
Condominio, per l’installazione di cancelli non serve la maggioranza qualificata
Con la sentenza n. 4340/2013 la Cassazione ha stabilito che per l’installazione di cancelli nel condominio non è necessaria la maggioranza qualificata. La Suprema Corte ha precisato che rientra legittimamente nei poteri dell’assemblea condominiale l’installazione di cancelli per disciplinare il transito, pedonale e veicolare, con lo scopo di impedire l’accesso di terzi estranei all’interno dell’area condominiale.
La Corte ha precisato che una delibera assembleare avente ad oggetto la chiusura di un’area di accesso al fabbricato condominiale con uno o più cancelli, non necessita della maggioranza qualificata dei due terzi del valore dell’intero edificio, perchè non concerne una innovazione per la quale è necessaria la maggioranza dei due terzi del valore dell’intero edificio, ma riguarda l’uso e la regolamentazione della cosa comune, non incidendo sull’essenza del bene comune né alterandone la destinazione.
In politica, dare del “dilettante allo sbaraglio” non è diffamazione
La Cassazione nella sentenza 7421/2013 ha chiarito che dichiarare che un politico è “un dilettante allo sbaraglio, un turista della politica, un giocoliere della politica” non integra il reato di diffamazione a mezzo stampa.
La Corte di Cassazione ha stabilito, infatti, che tali giudizi seppur “mordaci” sono leciti poiché non incidono sulla dignità della persona e non superano i limiti della continenza, ma mettono in discussione la sola “professionalità nell’esercizio di un ruolo politico” e, pertanto, non vi è offesa. I supremi giudici hanno, altresì, precisato che l’uso di predette espressioni sono state logicamente ritenute frutto di critica politica piuttosto che di un attacco alla sfera morale dell’offeso.
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