News sentenze Cassazione maggio 2014
La diffamazione a mezzo Facebook è reato anche se non si fanno nomi *
Con la sentenza numero 16712/2014 la Corte di Cassazione ha stabilito che risponde del reato di diffamazione disciplinato dall’articolo 595 del codice penale chi, consapevolmente, divulga un enunciato lesivo dell’altrui reputazione, attraverso Facebook e senza fare menzione dei nomi delle persone offese.
Secondo la Corte, infatti, sebbene non fosse stata fatta menzione di alcun nome l’autore aveva indicato alcuni particolari che potevano rendere identificabile la persona diffamata. A nulla rilevando che la suddetta identificazione potesse essere fatta da una cerchia ristretta di utenti.
È reato di molestia suonare ripetutamente il campanello della propria ex coniuge alle 5.30 del mattino.
Secondo la Corte di Cassazione (sentenza n. 9780/2014), per la sussistenza del reato di molestia o disturbo alle persone, l’atto posto in essere dall’autore deve essere incisivamente idoneo ad arrecare fastidio e petulanza ossia consistente in un modo di agire pressante ed indiscreto, tale da interferire sgradevolmente nella sfera privata di altri.
I Giudici della Corte, infatti, sottolineano che il predetto reato può essere realizzato anche con una sola azione quale, ad esempio, una telefonata effettuata dopo la mezzanotte giustificata da futili pretesti come la richiesta di restituzione di una tuta ovvero il suonare, ripetutamente, il campanello di casa dell’ex coniuge, in un arco temporale di circa un’ora, intorno alle sei del mattino.
Il marito che cambia la serratura per lasciare la moglie fuori commette il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
La Suprema Corte, con sentenza n. 4137 del 2014, ha chiarito che impedire all’altro coniuge di rientrare nell’abitazione, cambiando la serratura, può integrare gli estremi del reato di “esercizio arbitrario delle proprie ragioni”, previsto dall’art. 392 c.p.
La Cassazione, infatti, ritiene rilevante, ai fini della commissione del predetto reato, la condotta di chi sostituisce la serratura della propria casa familiare per impedire il rientro nella casa familiare dell’altro coniuge, comproprietario dell’abitazione, anche a seguito dell’intervento delle forze dell’ordine.
Lascia un commento