Comunione e contratto di affitto

In ambito agrario, costituisce prassi diffusa la stipula di contratti di affitto ultranovennali, finanche della durata di quindici anni ai sensi della Legge Agraria, senza che tale tipologia di pattuizione perda efficacia e rilevanza nei confronti dei terzi.

La legge 203 del 3 maggio 1982, infatti, prevede espressamente all’articolo 41 che “I contratti agrari ultranovennali, compresi quelli in corso, anche se verbali o non trascritti, sono validi ed hanno effetto anche riguardo ai terzi”.

Ciò che ad una prima lettura appare chiaro e pacifico è, tuttavia, stato oggetto di numerose pronunce, ad esempio, in caso di contratto di affitto stipulato da uno solo dei comproprietari del fondo per la sua totalità. Sul punto, la Suprema Corte aveva più volte chiarito che un contratto di affitto della durata minima di legge (quindici anni, ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 203 del 1982) stipulato, ancorché verbalmente, da parte di uno soltanto dei comproprietari, che ne abbia la disponibilità, sorge validamente e – di fatto – svolge i suoi effetti contrattuali, anche se il locatore abbia agito in violazione dei limiti dei poteri di amministrazione a lui riconosciuti a norma degli articoli 1105 e 1108 cod. civ. In ogni caso, è fatto salvo il diritto al risarcimento dei danni verso il comproprietario-locatore, qualora la sua attività abbia pregiudicato gli interessi della comunione/comproprietà medesima (cfr. Cass. civ., Sez. III, 13 gennaio 2009, n. 483).

L’articolo 41 della Legge Agraria rappresenta, dunque, una deroga alla disciplina prevista dagli articoli 1350 n. 8 e 2643 n. 8 del Codice Civile, a norma dei quali tutti i contratti di locazione immobiliari ultranovennali (e quindi teoricamente anche quelli agrari) debbono farsi a pena di nullità per atto pubblico o scrittura privata. Per completezza di trattazione, si rileva tuttavia come la disciplina dell’articolo 41 non deroghi a quanto stabilito dall’articolo 2923 c.c. e dall’articolo 560 c.p.c., con la conseguenza che, in caso di pignoramento del bene oggetto del rapporto agrario, il contratto ultranovennale sarà opponibile all’aggiudicatario solo se recante data certa anteriore al pignoramento, ed ove non trascritto, solo nei limiti di un novennio dall’inizio della locazione (cfr. Cass. civ. Sez. III, 18 maggio 2015, n. 10136)

Tuttavia, con una recentissima ordinanza, avente ad oggetto un contratto di affitto ultranovennale stipulato in capo ad una società (ossia a non coltivatore diretto e redatto in forma scritta ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli articoli 3 l. n. 606/1966 e 1350 n. 8 c.c.) in forma di delibera assembleare approvata con maggioranza relativa, la Suprema Corte ha statuito che quanto previsto dalla legge 203/82 in materia di contratti agrari – in tema di durata e forma del contratto – non è stabilito in deroga all’articolo 1108, comma 3, c.c., il quale espressamente prevede il necessario consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune nonché per le locazioni di durata superiore a nove anni (cfr. Cass. civ. Sez. II Ordinanza, 17 ottobre 2017, n. 24489).

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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