Diritto di prelazione a confronto
Ancora prima dell’emanazione della normativa di settore, il codice civile prevedeva all’articolo 732 c.c. che, in caso di alienazione da parte del coerede della propria quota o di parte di essa ad un soggetto estraneo, l’alienante avrebbe avuto l’obbligo di notificare la proposta di alienazione dettagliata e comprensiva del prezzo agli altri coeredi, in quanto aventi diritto alla prelazione sull’acquisto.
Questi ultimi, potranno esercitare il diritto nel termine di due mesi dall’ultima delle notificazioni, con la precisazione che il predetto termine non sarà assoggettato alle norme relative all’interruzione della prescrizione né a quelle relative alla sospensione dei termini, salvo tassativi casi previsti ex lege (articolo 2964 c.c.).
Analogamente a quanto previsto in caso di mancata denuntiatio in ambito agrario, la mancanza della predetta notificazione, fa sorgere in capo ai coeredi (lesi nel proprio diritto) il diritto di riscattare (c.d. retratto successorio) la quota non solo dall’acquirente, ma altresì da ogni successivo avente causa e ciò fin tanto che dura lo stato di comunione ereditaria e, comunque, entro i termini di prescrizione previsti dalla legge ordinaria, più ampi rispetto a quelli previsti dalla normativa agraria.
Occorre precisare che nel caso in cui il riscatto sia esercitato non da un solo coerede ma da più o dalla totalità degli stessi, al fine di equamente tutelare il diritto di ogni singolo coerede, la quota oggetto di contesa verrà assegnata a tutti in parti uguali (articolo 732 c.c.).
La Ratio della suddetta previsione è quella di evitare che soggetti non legati da vincoli di parentela possano agevolmente “entrare” nella comunione ereditaria. La disposizione comporta di fatto una deroga al principio della libertà ed autonomia negoziale e della libera circolazione dei beni – che, tuttavia, non può essere estesa alle donazioni (cfr. Cass. civ. Sez. II, 31-01-2014, n. 2159) – bilanciata e giustificata dalla necessita di agevolare i soggetti che sono già parte della comunione evitando, altresì, l’eccessivo frazionamento del patrimonio ereditario.
Parzialmente differente – in quanto più specifica e stringente – è la ratio sottostante alla disposizione di cui all’articolo 8 L. 26 maggio 1965, n. 590. Essa non mira ad evitare un’eccessiva frammentazione dell’asse ereditario e l’ingresso di soggetti estranei ai condividendi, bensì è protesa ad agevolare e salvaguardare lo sviluppo della proprietà coltivatrice.
Entrambe le norme devono essere tenute in considerazione al fine di far esercitare il diritto di prelazione agli aventi diritto. Tuttavia, occorre precisare che la previsione dell’articolo 732 cc. prevale su quella dell’articolo 8 L. 590/65. Ciò in quanto il legislatore, sembra aver voluto preferire la posizione dei cooeredi rispetto a quella degli altri eventuali aventi diritto di prelazione.
La legge prevede l’onere del proprietario/venditore di notificare, con lettera raccomandata, al coltivatore la proposta di alienazione trasmettendo con essa il preliminare di compravendita completo dei dati del promissario acquirente, del prezzo di vendita, modalità e tempi di corresponsione e di tutte le altre norme pattuite (tra le quali andrà compresa l’indicazione dell’esistenza di un eventuale diritto di prelazione).
Il coltivatore prelazionario avrà facoltà di accettare le medesime pattuizioni del promissario acquirente – subentrando allo stesso – mediante formale comunicazione scritta al proprietario, che dovrà pervenire a quest’ultimo entro 30 giorni dal ricevimento della denuntiatio, cui seguirà l’adempimento degli oneri conseguenti nei termini di legge.
Parimenti a quanto previsto per il c.d. retratto successorio, anche in ambito agrario, qualora il proprietario non provvedesse alla denuntiatio od il prezzo e/o le condizioni di vendita effettivamente applicate non corrispondessero a quelle previste nel preliminare notificato, l’avente titolo al diritto di prelazione potrà, ma entro un anno dalla trascrizione del contratto di compravendita, riscattare il fondo dell’acquirente e da ogni altro successivo avente causa.
Nell’ottica del principio di salvaguardia ed agevolazione dello sviluppo della proprietà coltivatrice la Suprema Corte ha recentemente chiarito che “All’interno della comunione ereditaria ciascuno dei coeredi è libero di trasferire la propria quota di fondo rustico all’uno o all’altro coerede, non essendo applicabili tra i coeredi le limitazioni all’autonomia negoziale che discendono dalla prelazione riconosciuta dalla L. n. 590 del 1965, art. 8, ultimo comma, a favore del coerede coltivatore diretto” (cfr. Cass. civ. Sez. II, 11 settembre 2017, n. 21050).
Pertanto, un trasferimento effettuato da un coerede ad un altro, ossia all’interno di una medesima comunione ereditaria, porterebbe allo stesso risultato voluto dalla normativa di favore, senza dover prevedere e porre in essere le predette formalità.
In conclusione, posta la presenza di una ratio di favore/tutela sottostante entrambe le previsioni normative esposte, si evidenzia che nel caso in cui una quota di fondo rustico, condotto in affitto da un coltivatore diretto che, contemporaneamente, sia anche coerede dell’alienante del fondo, sia oggetto di trasferimento a titolo oneroso, il diritto di prelazione previsto in favore del coltivatore affittuario dal predetto articolo 8, l. n. 590/1965 concorrerà, senza escluderlo, con il diritto di prelazione (generico) di cui all’articolo 732 c.c.. Il titolare potrà esercitare all’interno di un unico giudizio entrambi i diritti di prelazione, agendo per l’uno in via principale e per l’altro in via subordinata, senza che la proposizione dell’uno implichi rinuncia all’altro (cfr. Cass. civ. Sez. III, 17 giugno 2016, n. 12520).
Avvocato Chiara Roncarolo
Avvocato Maurizio Randazzo
Lascia un commento