L’imprenditore agricolo nel codice civile

La figura dell’imprenditore agricolo è disciplinata dagli articoli 2135 del codice civile, a norma del quale, a seguito delle modifiche sostanziali apportate dal D.lgs. n. 228 del 2001, è imprenditore agricolo sia chi esercita – anche separatamente – le attività di “coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali”, ossia le c.d. attività agricole essenziali o principali, sia chi si occupa delle c.d. “attività connesse” alle attività principali.

Al comma 2 del predetto articolo 2135 c.c., viene precisato che per coltivazione del fondo, selvicoltura e allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

Ne deriva come non sia necessario per essere considerati imprenditori agricoli, in senso civilistico, che l’attività sia esercitata sul fondo o in stretto collegamento con il fattore terra, ma è sufficiente che la stessa riguardi un ciclo biologico di un animale o di un vegetale.

L’assetto normativo pre-riforma, infatti, poneva un forte accento sulla necessarietà della diretta coltivazione del fondo, indissolubilmente legando la figura di agricoltore, ed ancor più se concomitante con quella di allevatore, allo sfruttamento diretto dell’ “ager”, cioè del fondo.

Complice della quasi integrale dissoluzione del legame tra imprenditore agricolo e fondo è stato non solo la graduale evoluzione tecnologica intervenuta dalla redazione del codice del 1942, ma anche l’evoluzione normativa in ambito agrario che ha chiarito che la locuzione “coltivazione del fondo” non poteva che essere interpretata quale “coltivazione delle piante”. Sulla scorta di questa ormai consolidata interpretazione logica, infatti, fu riconosciuta, ad esempio, quale attività agricola anche la coltivazione dei funghi in grotte o capannoni all’uopo predisposti (L. 5 aprile 1985 n. 126) e poté inoltre essere qualificato quale affitto di fondo rustico quello avente ad oggetto un terreno con serre fisse (articolo 14, L. 3 maggio 1982 n. 203).

Così seguendo, pertanto, sono considerate attività agricole essenziali anche l’allevamento di polli in batteria, la coltivazione di piante in acqua, nonché – più in generale – tutte quelle attività che si traducono nella cura di una fase del ciclo biologico di un animale o di un vegetale.

Tra le attività agricole è certamente ricompresa la selvicoltura, intesa come l’attività di trasformazione del bosco.

Le attività agricole per connessione sono invece tutte quelle attività esercitate sempre dall’imprenditore agricolo che sono di per sé commerciali, ma che, in quanto esercitate da un imprenditore agricolo, si connotano anch’esse come agricole.

Nello specifico, tra le attività connesse troviamo la manipolazione, la conservazione, la trasformazione, la commercializzazione e la valorizzazione di prodotti purché ottenuti prevalentemente con la coltivazione del fondo, del bosco o dell’allevamento di animali, nonché tutte quelle attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda che vengono normalmente impiegate nell’attività agricola.

Riassumendo, secondo la normativa vigente può, pertanto, considerarsi senz’altro imprenditore agricolo chi si dedichi alla coltivazione ed alla successiva raccolta delle uve e contemperamento alla produzione e vendita di vino, il tutto purché tale vino sia prodotto prevalentemente con i suoi uvaggi.

Identica considerazione, può farsi con riferimento all’attività di vivaista, qualora l’oggetto dell’attività si limiti alla produzione ed alla vendita di vasi e concimi, ma non di tavoli o sedie da giardino.

Un’unica eccezione riguarda le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi, qualora utilizzino per lo svolgimento della propria attività prevalentemente prodotti forniti dai soci e associati.

Equiparato all’imprenditore agricolo è l’imprenditore ittico che sia titolare di licenza di pesca ed eserciti in forma professionale, singola o associata, l’attività di pesca e le relative attività connesse.

Ulteriore modifica rispetto al passato riguarda la previsione normativa dell’onere per l’imprenditore di iscriversi nel registro delle imprese, seppur in una sezione speciale rispetto agli altri imprenditori. Rimane invece ferma, ancora ad oggi, la circostanza che l’imprenditore agricolo non può fallire, tuttavia occorre rilevare che le ultime riforme della normativa fallimentare, non senza qualche dubbio, sembrano orientarsi per l’eliminazione di tale esenzione: l’esenzione dalla procedura di fallimento ha le sue radici nel rischio che l’attività agricola comporta per la natura dell’attività esercitata.

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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