News sentenze Cassazione maggio 2013
Per la paninoteca rumorosa?! Nessuna condanna se disturba solo qualche condomino.
La Corte di Cassazione con sentenza del 17.04.2013 n. 17614 ha affermato che le immissioni rumorose, eccedenti la normale tollerabilità, costituiscono reato solo se disturbano un numero indeterminato di persone. La Suprema Corte proprio alla luce del fatto che le lamentele sono state espresse solo da una coppia ha ribadito, nella sentenza di cui ante, un principio ormai consolidato secondo il quale non è configurabile la contravvenzione di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone (art. 659 del codice penale) nei casi in cui le emissioni rumorose non superino la normale tollerabilità ed in quelli in cui sia oggettivamente impossibile il disturbo di un numero indeterminato di persone: il fatto non assume rilievo penale in quanto i soggetti offesi sono solo coloro che si trovano in un luogo contiguo a quello da cui derivano i rumori e, pertanto, il fatto dovrà essere inquadrato nell’ambito dei rapporti di vicinato.
In caso di matrimonio annullato al coniuge in buona fede spetta l’indennità e l’assegno di mantenimento
Con la sentenza numero 9484 del 18 Gennaio 2013 la Corte di Cassazione ha stabilito che il matrimonio civile può essere annullato qualora uno dei due coniugi non abbia manifestato all’altro la propria deviazione sessuale anche qualora, quest’ultima, venga scoperta dopo le nozze. Nel caso di specie, infatti, tale deviazione rendeva impossibile il proseguimento del normale rapporto di copia. La Suprema Corte ha osservato che, qualora queste problematiche emergano solo dopo che sia stato contratto il matrimonio, e uno dei due coniugi, pur cosciente della sussistenza del problema, non lo comunica all’altro, quest’ultimo è indotto dall’altro in errore. Alla luce delle predette considerazioni, la Cassazione ha stabilito che, ai sensi dell’articolo 129-bis del codice civile, al coniuge in buona fede spetta la corresponsione di un’indennità nonché un assegno periodico di mantenimento.
Il furto in auto ha gli stessi requisiti del furto in abitazione.
La Corte di Cassazione ha affermato (rif. sentenza n. 4215/2013) che è legittimo inquadrare nell’ambito del reato previsto dall’art. 624 bis del codice penale, il furto di beni custoditi in autovettura privata, parcheggiata nell’area condominiale destinata al parcheggio pubblico.
I Giudici hanno specificato che per privata dimora si intende qualunque luogo nel quale “ci si soffermi ad esercitare, anche provvisoriamente, manifestazioni delle attività individuali per motivi leciti e diversi”. E che, inoltre, con il termine pertinenza si deve intendere il rapporto di strumentalità e di complementarietà funzionale. Tale rapporto deve, dunque, soddisfare le esigenze concrete delle persone cui l’abitazione serve da alloggio.
Pertanto, alla luce di tali considerazioni, la Suprema Corte ha confermato che il veicolo assume, in quel determinato contesto, funzione di pertinenza rispetto all’abitazione principale.
Lascia un commento