News Sentenze Cassazione Marzo 2021
- Nullità della clausola “claims made”: no alla sostituzione con la disciplina ex art. 1917 c.c.
Per la Suprema Corte, Il giudice che rilevi la nullità della clausola “claims made” (“a richiesta fatta”) non può trasformarla nella tradizionale clausola “loss occurence” (“all’insorgenza del danno”), in quanto il contratto non può essere ricondotto alla realizzazione dello schema negoziale di cui all’art. 1917 c.c. che le parti avevano voluto, invece, espressamente emendare e modificare.
È quanto ha affermato la Terza sezione civile della Corte di Cassazione in una recente ordinanza (n. 5259/2021) in tema di copertura assicurativa per responsabilità medica. Il giudice, pertanto, non può sostituire la clausola “claims made” – nulla perché troppo sbilanciata in favore dell’assicurazione – con quanto previsto in via generale dal codice civile, ma deve procedere all’integrazione del contratto seguendo il meccanismo previsto dall’articolo 1419 c.c., riportandolo in equilibrio «secondo ciò che le parti contraenti avevano effettivamente voluto», individuando tra i differenti modelli di clausola “claims made” rinvenibili nell’ordinamento quello «ritenuto maggiormente compatibile alla realizzazione di un equilibrato assetto degli interessi dei contraenti».
- Risarcimento danni brevetto contraffatto: chiarimenti sui criteri di liquidazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5666 del 2 marzo 2021, è intervenuta sul tema dei criteri da utilizzare ai fini della liquidazione equitativa del danno nel caso della violazione di un diritto di privativa industriale.
La Suprema Corte ha chiarito che, poiché ai sensi dell’art. art. 125 c.p.i., il giudice può liquidare il danno in una “somma globale stabilita in base agli atti di causa ed alle presunzioni che ne derivano”, e, di conseguenza, sulla base anche solo di elementi indiziari offerti dal danneggiato, qualora il titolare non sia riuscito a dimostrare il mancato guadagno, «il lucro cessante potrà essere liquidato con il ricorso al metodo alternativo della giusta royalty o “royalty virtuale”, senza l’onere per il titolare della privativa di dimostrare quale sarebbe stata la certa royalty pretesa in caso di ipotetica richiesta di una licenza da parte dell’autore della violazione».
Il criterio della “giusta royalty”, dunque, non rappresenta l’ammontare del danno effettivamente subito, ma soltanto un c.d. ‘minimo obbligatorio’ e non può essere utilizzato a fronte dell’indicazione, da parte del danneggiato, di ulteriori e diversi ragionevoli criteri equitativi su cui fondare la quantificazione del risarcimento.
- Debiti e fondo patrimoniale: nuova inversione di rotta della Cassazione
La Cassazione è recentemente tornata sul dibattuto tema dei rapporti tra debiti derivanti dall’attività professionale o d’impresa e fondo patrimoniale, cambiando parzialmente rotta rispetto ad alcune precedenti pronunce ed escludendo l’automatica riconducibilità dei debiti contratti nell’ambito dell’attività lavorativa del coniuge tra quelli destinati a soddisfare bisogni familiari.
Con l’ordinanza n. 2904/2021, la Terza sezione civile ha evidenziato come tali obbligazioni risultano avere di norma un’inerenza diretta ed immediata con le esigenze dell’attività imprenditoriale o professionale e «solo indirettamente e mediatamente» possono assolvere (anche) al soddisfacimento dei bisogni della famiglia.
La finalità di sopperire ai bisogni della famiglia non può, pertanto, dirsi sussistente per il solo fatto che il debito sia sorto nell’esercizio dell’impresa, ma tale connessione dovrà essere accertata di volta in volta, tenendo conto delle circostanze specifiche del caso concreto.
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