L’indennità per le migliorie effettuate precedentemente alla nuova legge sui fondi rustici

Il punto di riferimento è ancora una volta l’articolo 15 della legge agraria il cui ultimo comma recita testualmente: “le disposizioni del presente articolo si applicano anche per i miglioramenti previsti nel contratto e concordati dalle parti e comunque eseguiti in data anteriore all’entrata in vigore della presente legge”.

L’elemento nuovo della norma, è l’inciso “comunque eseguiti”, che sovverte la disciplina del codice, la quale nella stessa legge è espressamente abrogata con riferimento agli articoli 1632, 1633, 1650, 1651 e 1653 del codice civile. La disciplina prevedeva l’intervento del giudice in via preventiva all’attuazione delle migliorie in caso di disaccordo delle parti, ed in via successiva, la concessione di una indennità all’affittuario che le aveva eseguite. Alla luce di quanto sopra si coglie immediatamente la portata di quell’inciso, che rivaluta tutte le migliorie effettuate e le rende partecipi di quell’aumento di valore del fondo, sussistente alla fine del rapporto di locazione, che è il parametro al quale deve farsi riferimento per la valutazione dell’indennità da corrispondere.

Una simile interpretazione della norma dà alla stessa un’efficacia evidentemente retroattiva, in apparente contrasto, quindi, con l’articolo 11 disposizioni preliminari al codice civile. Tuttavia questa è un’obiezione sostanzialmente infondata, anche se ampiamente utilizzata in sede pratica al fine di sminuire od addirittura annullare il contenuto innovativo della norma stessa.

La giurisprudenza è unanime nel dichiarare che il principio dell’irretroattività della legge, pur essendo certamente un principio generale del nostro ordinamento giuridico, è stato elevato a dignità di precetto costituzionale nel solo campo della legge penale. Da ciò consegue che, fuori del caso trattato, il predetto principio costituisce una direttiva rivolta al legislatore, che conserva piena facoltà di derogarvi, quando eccezionalmente lo ritenga opportuno. La norma, dunque, appare del tutto legittima, per cui può senz’altro affermarsi che l’aumento di valore del fondo, sussistente alla fine del rapporto locativo, dovrà tener conto di tutti i miglioramenti, comunque eseguiti.

Ciò non significa, a nostro parere, che la portata di detto inciso debba considerarsi illimitata e che non possano essere utilizzati ed applicati alcuni principi fissati dalla giurisprudenza.

Un simile discorso può farsi, soprattutto, in tema di prescrizione, per il quale esiste una pregevole sentenza della Carte di cassazione (Cass. 15 ottobre 1968 n. 3299). La Suprema Corte, occupandosi di un rapporto locativo con affittuario non coltivatore diretto, afferma, in via preliminare, l’autonomia dei singoli contratti che possono essersi succeduti nel tempo e, sulla base di tale assunto, dichiara che la prescrizione del diritto all’indennità per i miglioramenti ha decorrenza dalla data in cui cessa ciascun rapporto contrattuale. La sentenza rileva, infatti, che “alla scadenza del termine di durata del contratto, cessa il diritto dell’affittuario al godimento del fondo e il locatore è libero di affittarlo a condizioni diverse, che tengano conto del suo aumentato valore per effetto dei miglioramenti, per cui è logico che a quel momento l’affittuario possa chiedere l’indennizzo per l’arricchimento di cui, da allora, il locatore può incominciare a trarre profitto. E poiché tale situazione si verifica tanto nel caso in cui il fondo venga affittato ad altri, previa riconsegna da parte dell’affittuario uscente, quanto anche nel caso in cui esso venga riaffittato a costui con un nuovo contratto, ne consegue che la soluzione è la medesima in entrambi i casi: scaduto il tempo stabilito nel contratto per la durata dell’affitto, l’affittuario ha il diritto a chiedere l’indennità per le migliorie eseguite nel contratto stesso, sia che rilasci il fondo, sia che vi rimanga in virtù di un altro contratto, col quale si inizia un nuovo rapporto di affitto”.

Tornado alla portata retroattiva della disposizione di cui sopra, occorre, tuttavia, precisare che la retroattività non può essere tale da superare la prescrizione del diritto: ciò sarebbe contrario ai principi generali del nostro ordinamento giuridico ed alla stessa ratio della norma, che vuole soltanto rivalutare, ai fini dell’indennizzo anche quei miglioramenti che non furono concordati fra le parti o disposti dal giudice, così come era previsto dal codice civile. Ai fini dell’indennizzo e della valutazione dell’aumento di valore del fondo, non si dovrà dunque tener conto di quei miglioramenti per i quali sia dichiarata la intervenuta prescrizione. Ne discende che tale limite opererà anche per il diritto alla ritenzione.

Quanto al termine della prescrizione, essa sarà quella ordinaria e non, viceversa quella quinquennale, prevista dall’art. 2948 n. 3 c.c., non potendo il diritto al pagamento delle migliorie considerarsi un corrispettivo della locazione.

 

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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