Mezzadria e conversione in contratto di affitto (parte seconda)
Fu solo con l’avvento della Legge Agraria (l. 230/82) che si ebbe la svolta vera e propria in materia di divieto di stipulazione di contratti associativi agrari.
Oltre a ribadire il divieto di stipulare contratti di mezzadria (art. 45 l. 203/82), la nuova legge previde la possibilità di convertire i contratti associativi in contratti di affitto agrari (art. 25 l. 203/82).
Per la parte che ci occupa, l’articolo 25 della Legge Agraria prevedeva la conversione – entro quattro anni dall’entrata in vigore della legge – dei contratti di mezzadria in essere a fronte della richiesta formulata da una delle parti del contratto. Come per la comunicazione di disdetta del contratto di affitto agrario, la richiesta di conversione doveva essere inviata – all’altra parte – a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento almeno sei mesi prima della fine dell’annata agraria in corso.
In caso di mancata conversione nel termine quadriennale di cui sopra, il successivo articolo 34 sanciva la durata dei contratti associativi non convertiti, precisando che il computo del termine avrebbe avuto inizio al termine dell’annata agraria 1982/1983, ossia al 11 novembre 1983.
La giurisprudenza ha più volte avuto modo di chiarire che la manifestazione della volontà del mezzadro di trasformare il rapporto in affitto non potesse essere implicitamente posta in essere attraverso il costante pagamento di somme a titolo di canone di affitto. Con ciò venne, pertanto, definitivamente ribadita la necessarietà e non derogabilità della comunicazione esplicita e formale ai sensi dell’art. 25 l. 203/82 mediante invio di lettera raccomandata a/r (per tutte cfr. Cass. civ., Sez. lav., 5 novembre 2009 n. 23446). In mancanza di tale comunicazione la durata del contratto di mezzadria sarebbe stato regolato dall’art. 34 l. 203/82.
Stante la previsione della non applicabilità della conversione tacita del contratto di mezzadria in contratto di affitto ed il divieto di stipulare nuovi contratti associativi, in mancanza della comunicazione di cui all’art. 25, il contratto di mezzadria si sarebbe concluso nei termini di legge senza alcun onere di disdetta da parte del concedente, il quale avrebbe pertanto potuto agire per la declaratoria dell’avvenuta cessazione del contratto (cfr. Cass. civ. 13 aprile 2007 n. 8834; Cass. civ., 16 marzo 2005 n. 5689).
Il mancato rilascio del podere, detenuto in forza di contratto di mezzadria, al termine dell’ultima annata agraria si sarebbe, pertanto, trasformato in detenzione sine titulo ed avrebbe comportato in capo all’originario mezzadro – come in più casi accaduto – l’obbligo di risarcire il proprietario concedente, ai sensi dell’art. 2043 c.c., per i danni dallo stesso subiti per il mancato godimento del fondo (cfr. Trib. Benevento, 25 giugno 2009).
Avvocato Chiara Roncarolo
Avvocato Maurizio Randazzo
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