Contratto di affitto agrario concluso con l’usufruttuario
Sebbene un contratto di affitto venga generalmente stipulato tra la proprietà e l’affittuario, il nostro ordinamento prevede che anche l’usufruttuario possa stipulare contratti di affitto validi ed efficaci che – in presenza di determinati requisiti – possono continuare anche dopo la cessazione dell’usufrutto.
Il diritto di usufrutto – abbia esso la sua fonte nella legge o nella volontà dell’uomo – permette all’usufruttuario di godere, per tutta la durata della vita dell’usufruttuario, della cosa concessa ma con l’obbligo di rispettarne la destinazione economica (articolo 981 c.c.).
La possibilità per l’usufruttuario di concedere il bene in locazione deriva da disposto dell’art. 984 c.c., il quale non solo prevedere che a lui spettino i frutti naturali prodotti dal bene per tutta la durata del suo diritto, ossia i frutti che da essa direttamente derivano, ma anche quelli civili, ossia quelli che vengono percepiti quale corrispettivo del godimento della cosa da parte di terzi. Alla luce di quanto esposto appare chiaro che il canone di affitto percepito in forza della stipula di un contratto di affitto si possa qualificare, pienamente, come “frutto civile”. Ovviamente, per percepire il canone occorrerà aver stipulato un contratto di affitto.
Trattando, ora, dei contratti agrari, occorre puntualizzare che, per quanto riguarda la forma con la quale il contratto viene stipulato, nel mondo agricolo è prassi costante stipulare oralmente i contratti di affitto ed accordarsi sul canone annuo, salvo poi porre in essere gli adempienti (scritti) necessari ai fini di legge: al fine, ad esempio, della richiesta e del percepimento di aiuti comunitari.
Quanto alla continuazione del contratto stipulato con l’usufruttario dopo la cessazione del suo diritto è la medesima legge a prevedere (articolo 999 c.c.) – inderogabilmente – che il contratto per avere efficacia debba essere stipulato con atto pubblico o con scrittura privata avente data certa, non avendo la l. 203/82 nemmeno implicitamente derogato alle condizioni di forma e di sostanza previste dalla norma codicistica di carattere speciale (rif. Cass., 11 luglio 1992, n. 8449; Cass., 25 luglio 2003, n. 11561).
Peraltro, una conferma della possibilità che il contratto stipulato dall’usufruttuario continui dopo la cessazione dell’usufrutto, è data dalla semplice lettura dell’articolo 999 c.c., il quale implicitamente conferma che “le locazioni concluse dall’usufruttuario, in corso al tempo della cessazione dell’usufrutto […] continuano per la durata stabilita, ma non oltre il quinquennio dalla cessazione dell’usufrutto”.
La previsione sul protrarsi dell’efficacia del contratto non poteva, peraltro, rimanere senza regolamentazione in quanto una delle caratteristiche fondamentali dell’usufrutto, è la sua temporaneità: non può avere durata superiore alla vita dell’usufruttuario, non è trasmettibile agli eredi e, se si tratta di persona giuridica, non può durare oltre il termine di trent’anni.
Pertanto, come già precisato, quanto alla durata del contratto ancora in essere al momento della cessazione dell’usufrutto, il comma primo del medesimo articolo 999 c.c. prevede, da un lato, la continuazione del contratto per la durata stabilita e, in alternativa, la prosecuzione che, in ogni caso, non potrà andare oltre il quinquennio dalla cessazione dell’usufrutto.
La ratio della predetta norma risiede nel tentativo di impedire che il comportamento dell’usufruttuario – tenuto conto proprio del carattere temporaneo del diritto concesso – possa pregiudicare le ragioni ed i diritti del proprietario una volta che questi sia rientrato nella piena disponibilità della cosa (rif. Cass., 20 marzo 2008, n. 7485). Tale previsione parrebbe, a prima vista, contrastare con la previsione di durata minima dei contratti agrari prevista dalla Legge Agraria (l. 203/82), la quale, infatti, prevede che “i contratti di affitto a coltivatori diretti, singoli o associati, hanno la durata minima di quindici anni” (articolo 1) e che “i contratti agrari ultranovennali, compresi quelli in corso, anche se verbali o non trascritti, sono validi ed hanno effetto anche riguardo ai terzi” (articolo 41).
Tuttavia, occorre tener presente che la previsione della validità dei contratti dei contratti verbali o non trascritti è norma generale e, pertanto, derogata dalla previsione speciale del codice civile che prescrive la forma del contratto. E che le norme della legge agraria, che prevedono la durata del contratto, non essendo norme speciali non hanno la forza di derogare alla limitazione di durata prevista al comma primo dell’articolo 999 c.c. (per tutte, Cass., 19 gennaio 20110 n. 693, conf. Cass., 1 aprile 2010, n. 8000).
Riassumendo, ferma restando la validità del contratto di affitto stipulato dall’usufruttuario, da un lato, la continuazione del contratto oltre la cessazione dell’usufrutto e – di conseguenza – la sua opponibilità al proprietario, saranno possibili – inderogabilmente – solo ove il predetto contratto sia stato stipulato con atto pubblico o con scrittura privata avente data certa e, dall’altro, l’efficacia del contratto non potrà estendersi –anche nel caso di contratto agrario – oltre il quinquennio dalla cessazione dell’usufrutto, per non ledere i diritti della proprietà appena rientrata nella disponibilità del bene.
Avvocato Chiara Roncarolo
Avvocato Maurizio Randazzo
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