Risoluzione del contratto per perdita della qualifica di coltivatore diretto
Elemento essenziale al fine della stipula di un contratto di affitto agrario valido ed efficace è la sussistenza in capo all’affittuario della qualifica di coltivatore diretto, la cui definizione si ricava dal disposto di cui all’articolo 31 della legge n. 590 del 1965.
Detto articolo definisce coltivatori diretti “coloro che direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all’allevamento ed al governo del bestiame, sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per la normale necessità della coltivazione del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame“, con la precisazione aggiuntiva che l’effettiva dimostrazione della qualifica di coltivatore diretto dovrà essere effettuata e valutata di volta in volta, tenendo evidentemente conto di tutta la documentazione fornita.
Ciò detto, e posta la sussistenza della necessaria qualifica, occorre analizzare cosa accada nei casi in cui il soggetto affittuario perda la qualifica di coltivatore diretto durante la pendenza del contratto di affitto agrario.
La Suprema Corte, con un orientamento ormai consolidato, ha avuto modo di chiarire che se durante la vigenza del contratto viene meno la coltivazione diretta del fondo – anche se per cause non imputabili e non prevedibili – il contatto di affitto a coltivatore diretto cessa la sua funzione ed il contratto diviene, per tale motivo, risolubile per impossibilità sopravvenuta della prestazione ai sensi dell’articolo 1463 c.c. (Cass. 20 marzo 1997, n. 2487; Cass. 17 ottobre 1994, n. 8456).
La perdita della necessaria qualifica di coltivatore diretto influisce negativamente sul contratto di affitto agrario, che si differenzia nella causa e nell’oggetto rispetto ad un contratto di affitto a coltivatore non diretto – nel quale vengono meno le tutele previste dalla Legge Agraria – e costituisce, inoltre, un caso di grave inadempimento del conduttore. È stato di fatto precisato che proprio la natura “particolare” del contratto di affitto a coltivatore diretto si pone a fondamento della considerazione della perdita di qualifica quale grave inadempimento che, unitamente alla non tassativa elencazione fatta dal comma 2 dell’articolo 5, l. 230/82, si colloca tra le ipotesi di grave inadempimento cui consegue la risoluzione del contratto.
L’articolo 5 si limita a prevedere la risoluzione nel caso in cui “l’affittuario si sia reso colpevole di grave inadempimento contrattuale, particolarmente in relazione agli obblighi inerenti al pagamento del canone, alla normale e razionale coltivazione del fondo, alla conservazione e manutenzione del fondo medesimo e delle attrezzature relative, alla instaurazione di rapporti di subaffitto o di subconcessione”. In considerazione della non tassatività del predetto elenco, ulteriori casi di risoluzione per grave inadempimento del conduttore potranno essere individuati dal giudice in base ai principi contrattuali ed alle cause di risoluzione previste dall’ordinamento, così come occorso nel caso oggetto del presente articolo (cfr. ex pluris Cass., 20 marzo 1997, n. 2487).
Avvocato Chiara Roncarolo
Avvocato Maurizio Randazzo
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