Revocabilità della denuntiatio
La prelazione agraria, tanto quella che spetta al proprietario confinante che quella che compete all’affittuario coltivatori diretti, altro non è che il diritto riconosciuto in capo ai predetti soggetti di essere preferiti ad altri, a parità di condizioni, nell’acquisto di un fondo agricolo, qualora il proprietario decida di venderlo.
La ratio comune dei due istituti si ritrova nella volontà di favorire situazioni idonee al conseguimento di una miglior reddittività della terra, derivante o dalla pregressa coltivazione, da parte dell’affittuario, del terreno posto in vendita o dalla contiguità con terreni agricoli già oggetto di stabile coltivazione e nell’ottica della formazione di imprese diretto-coltivatrici di più ampie dimensioni, dal punto di vista del proprietario confinate.
La rilevanza degli scopi che il legislatore ha posto a base del diritto di prelazione ha recentemente portato la Suprema Corte a pronunciarsi in merito all’efficacia della revoca della proposta da parte del proprietario venditore (c.d. denuntiatio), in relazione al termine previsto ex lege per l’accettazione da parte del prelazionario (rif. Cass. Civ., Sez. III, 22 giugno 2016, n. 12883).
L’articolo 8, comma 4, l. 590/65, norma cardine della prelazione agraria – cui si richiama l’articolo 7 della successiva l. 817/71 – prevede i requisiti della denuntiatio e le modalità della notifica, ma anche l’obbligo per il coltivatore prelazionario di “esercitare il suo diritto entro il termine di 30 giorni”.
La revoca della denuntiatio originava dal ripensamento della Proprietà, la quale in epoca successiva alla notifica della proposta di vendita aveva unilateralmente deciso di non voler più procedere alla vendita del fondo. Vendita per la quale, peraltro, l’avente diritto aveva già spedito a mezzo raccomodata a.r. la propria accettazione. Tuttavia l’accettazione della proposta non era stata ancora ricevuta dal proponente al momento della revoca della proposta.
Sul punto la Corte ha preliminarmente chiarito che, nel caso di specie, l’invio dell’accettazione prima della scadenza del termine di trenta giorni, non è idoneo ad influire sulla revocabilità della proposta di vendita prima del decorso del predetto termine, in quanto attinente – semmai – al profilo meramente processuale, ma non certo a quello sostanziale oggetto principale della vertenza (Cass. n. 12883/2016, cit.).
Sul piano sostanziale, infatti, sebbene una delle caratteristiche del diritto di proprietà sia quella di consentire al suo titolare di liberamente utilizzare il bene, ossia di goderne e di disporne in modo pieno ed esclusivo (articolo 832 c.c.), ciò non può influire negativamente sul diritto riconosciuto al prelazionario che abbia già ricevuto la predetta proposta di vendita.
Il riconoscimento della validità della revoca della proposta comunicata prima del decorso dell’intero termine di trenta giorni previsto ex lege per l’esercizio del diritto riconosciuto in capo al prelazionario, lederebbe il diritto stesso privando l’avente diritto della possibilità di utilizzare l’intero termine per correttamente valutare e liberamente e consapevolmente determinarsi in merito all’eventuale accettazione (cfr. Cass. n. 12883/2016, cit.).
Come più volte chiarito, se per l’esercizio del diritto di prelazione la legge concede un certo termine “è logico ritenere che in pendenza dello stesso il proprietario resti vincolato in attesa della determinazione del titolare del diritto” (cfr. Cass., S.U., n. 5359/1989), così sancendo l’irrevocabilità della denuntiatio per l’intera durata del termine di trenta giorni (cfr. Cass. n. 12883/2016, cit.).
La predetta proposta soggiace, infatti, allo schema normativo derivante dal combinato disposto agli articoli 1323 e 1329 c.c.. Presupposto di fatto è, pertanto, l’applicabilità delle norme generali del codice a tutti i contratti, anche ove non appartenenti ad una tipologia particolare (articolo 1323 c.c.), tra le quali quella relativa alla proposta irrevocabile di cui all’articolo 1329 c.c., con la specifica che nel caso di specie l’obbligo di mantenere ferma la proposta non deriva dalla volontà del proponente, ma è espressamente prevista dalla legge (cfr. Cass. n. 10429/1991).
La proposta di vendita inviata dalla Proprietà e ricevuta dal prelazionario coltivatore diretto – posta la sussistenza di tutti i requisiti previsti ex lege – non potrà, pertanto, essere revocata prima che siano decorsi i trenta giorni previsti dall’art. 8 l. 590/65, in quanto costituente una proposta irrevocabile ai sensi dell’articolo 1329 c.c.
Avvocato Chiara Roncarolo
Avvocato Maurizio Randazzo
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