Azioni a difesa del possesso e contratti agrari

L’azione di reintegrazione o di spoglio assolve ad una funzione recuperatoria, fornendo tutela al possessore (o al detentore) che si sia visto privare, in modo violento od occulto, del tutto o in parte, del possesso della cosa. Funzione recuperatoria valida anche in ambito agrario nel caso in cui oggetto di spossessamento sia un fondo rustico, oggetto di possesso o di detenzione qualificata.

La norma di riferimento è l’articolo 1168 c.c. il quale, espressamente, prevede che “Chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso può, entro l’anno dal sofferto spoglio, chiedere contro l’autore di esso la reintegrazione del possesso medesimo … [salvo precisare che] … Se lo spoglio è clandestino, il termine per chiedere la reintegrazione decorre dal giorno della scoperta dello spoglio”.

Quanto al requisito della violenza, consolidata giurisprudenza ha chiarito che, ai fini dell’esistenza del predetto requisito, non occorra che lo spoglio sia avvenuto con la violenza fisica, ma è sufficiente che sia avvenuto contro (o senza) la volontà effettiva, anche solo presunta, del possessore (cfr. Cass. civ., Sez. II, 29 ottobre 1993, n. 1131; Cass. civ., 23 febbraio 1981, n. 1101).

Più semplice, invece, è la definizione del requisito della clandestinità, che non consiste nello spoglio del bene commesso all’insaputa del possessore o del detentore, che ne viene a infatti conoscenza solo in un momento successivo (cfr. Cass. civ., Sez. II, 28 gennaio 1995, n. 1036). Circostanza, quest’ultima, che sarebbe diversamente qualificata ove l’inconsapevolezza fosse stata determinata da un comportamento negligente dello stesso soggetto spogliato oppure delle persone che agiscono in sua rappresentanza (cfr. Cass. civ., Sez. II, 5 marzo 2014, n. 5215).

Requisito essenziale, inoltre, al fine dell’esercizio del diritto e della conseguente reintegrazione nel possesso è il permanere del bene nella materiale disponibilità dell’autore dello spoglio, oppure il trasferimento del bene ad un soggetto terzo che sia però consapevole dell’avvenuto spoglio.

La legittimazione attiva all’esercizio dell’azione spetta non solo al possessore del bene, ma anche al detentore, che non deve essere tale per ragioni di ospitalità o servizio nell’interesse proprio e, pertanto, anche il convivente more uxorio (cfr. Cass. civ. Sez. I, 11-09-2015, n. 17971) potrà agire.

In ambito agrario, la Suprema Corte ha confermato come l’affittuario che conduca i fondi in forza di un valido ed efficace contratto almeno annuale abbia piena legittimazione attiva per la tutela del suo possesso e per il conseguente esercizio dell’azione di spoglio. Inoltre, ha chiarito che non è legittimato all’azione di spoglio il soggetto che abbia l’uso del fondo in virtù di un contratto che – a causa della durata infrannuale e per il contenuto limitato all’acquisto delle erbe – non costituisce un contratto di affitto agrario, bensì un mero contratto di compravendita delle erbe ricavate dal fondo. Di fatto, il solo contratto di affitto agrario, garantendo la duratura concessione in godimento del fondo a fini produttivi, conferisce all’affittuario la detenzione qualificata necessaria al legittimo esercizio dell’azione (cfr. Cass. civ., Sez. II, 29 novembre 2006, n. 25240).

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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