Coltivazione biennale del fondo
Torniamo ad analizzare nel dettaglio una delle condizioni che permettono al coltivatore, insediato sul fondo, di esercitare la prelazione e cioè la circostanza che il coltivatore diretto coltivi il fondo per un certo periodo di tempo. Il predetto periodo, a seguito della modifica introdotta dall’art. 7 della legge n. 817 del 1971, è stato modificato, infatti dal quadriennio, precedentemente previsto dalla normativa di settore, si è passati ad un biennio. L’art. 8 primo comma della legge n. 590 del 1965 recita, appunto: “in caso di trasferimento a titolo oneroso di fondi concessi in affitto a coltivatori diretti…l’affittuario…ha diritto di prelazione purché coltivi il fondo stesso da almeno due anni…”.
Il coltivatore diretto insediato sul fondo può, dunque, esercitare la prelazione se coltiva il fondo stesso almeno da un biennio. La ratio della norma è quella di garantire la professionalità del coltivatore, professionalità determinata ed acquisita in base ad una permanenza minima sul fondo che, secondo il legislatore, è idonea a giustificare il diritto di preferenza concesso all’affittuario.
Secondo la dottrina il biennio va calcolato a partire dall’inizio del rapporto contrattuale e non ad annata agraria ed, inoltre, nel periodo biennale possono essere computati anche periodi di lavorazione a titolo diverso da quello contrattuale invocato per l’esercizio della prelazione agraria. Così ad esempio il periodo di coltivazione di un fondo in comproprietà può essere cumulato a quello svolto a titolo di affitto dopo la divisione del fondo medesimo (rif. Cass. 26 febbraio 2003 n. 2879).
Sempre in tale direzione, è stato precisato che non occorre che il titolo che attribuisce il diritto di coltivare il fondo sia unico per tutto il biennio: secondo la Cassazione è possibile sommare i periodi di coltivazione basati su titoli diversi, purché tutti legittimanti la prelazione (rif. Cass. 31 ottobre 2008 n. 26286; Cass. 12 febbraio 2002 n. 1971).
In ogni caso, la coltivazione biennale sarà idonea a far sorgere il diritto di prelazione se attuata in forza di un titolo valido, cioè idoneo a giustificare la conduzione del fondo stesso (rif. Cass. 8 luglio 2005 n. 14450).
Peraltro altre sentenze della Cassazione testimoniano l’esistenza delle diverse interpretazioni e precisazioni che, di volta in volta, si sono susseguite in questo ambito del diritto agrario:
- il biennio va calcolato ad anno solare e non ad annata agraria e deve trattarsi di periodo interamente decorso;
- il periodo biennale va calcolato con riferimento al momento della stipulazione del contratto preliminare di vendita del fondo dal proprietario al terzo (rif. Cass. 9 agosto 1991 n. 8658).
- occorre che la coltivazione sia basata su un titolo giuridico effettivo e pertanto non sarebbe sufficiente un contratto di comodato oppure un insediamento de facto sul fondo agricolo.
Quanto all’ultimo caso, è stato precisato che la coltivazione del fondo in qualità di affittuario deve essere basata su un titolo giuridico effettivo, dunque non è sufficiente un insediamento di fatto sul fondo agricolo, privo di un titolo giustificativo, e neppure un contratto di comodato (rif. Cass. 31 ottobre 2008, n. 26286; Cass. 2 aprile 1980, n. 2135).
Secondo la Corte di Cassazione, il coltivatore diretto può dimostrare in qualsiasi modo la qualità di affittuario, quindi, in mancanza di un contratto di affitto registrato, la qualità di affittuario può essere provata anche per testimoni e per presunzioni (rif. Cass. 7 dicembre 2000, n. 15526).
Pare opportuno rilevare, da ultimo, come non bisogna dimenticare che il diritto di prelazione non spetta in presenza di un contratto di affitto scaduto (rif. Cass. 17 ottobre 1997, n. 10174). Dubbio è, invece, se il suddetto diritto di prelazione possa essere riconosciuto al subaffittuario coltivatore diretto.
Avvocato Chiara Roncarolo
Avvocato Maurizio Randazzo
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