Contratto di affitto e pluralità di proprietari
La stipula di un contratto di affitto agrario tra un coltivatore diretto ed il concedente, unico proprietario dei terreni, non pone alcun dubbio circa la validità del contratto in presenza dell’accordo dei due soggetti coinvolti.
L’eventuale problema in merito alla validità di un contratto di affitto agrario sorge, invece, nel caso in cui i terreni, oggetto del contratto, siano di proprietà di una pluralità di soggetti, ed il contratto sia stato stipulato tra il coltivatore diretto ed uno solo dei comproprietari o solo una parte minoritaria degli stessi.
Con riferimento a tali situazioni, la Suprema Corte ha ritenuto valido il contratto con il quale viene concesso in affitto un fondo su iniziativa di uno solo dei “condomini”, in applicazione della presunzione che il soggetto agente abbia agito con il consenso anche degli altri comproprietari (Cass. civ., Sez. III, 27 gennaio 2005, n. 1662).
Sussistono, infatti, in capo a ciascuno dei comproprietari pari poteri gestori del bene in comproprietà, che non si riflettono solo nella possibilità di concludere un valido ed efficace contratto di affitto a firma di uno solo dei comproprietari, ma anche, in ambito processuale, nel potere di ciascuno di agire a tutela del diritto di comproprietà “contro chi vanti diritti di godimento sul bene, attesa la comunanza di interessi tra tutti i contitolari del bene medesimo, tale da lasciar presumere il consenso di ciascuno all’iniziativa giudiziaria volta alla tutela degli interessi comuni, salvo che si deduca e si dimostri, a superamento di tale presunzione, il dissenso della maggioranza degli altri comproprietari, nel qual caso è necessario il preventivo intervento dell’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 1105 cod. civ.” (Cass. civ., Sez. III, 31 gennaio 2008, n. 2399).
A riprova di quanto ora esposto, nella maggior parte dei casi – e secondo le regole della normale prassi – in presenza di una pluralità di proprietari, sarà uno solo di essi ad occuparsi della gestione dell’immobile con il consenso e nell’interesse degli altri, richiamando così la presunzione di consenso di cui sopra.
Il predetto potere disgiunto non è, tuttavia, illimitato e privo di vincoli, dovendo sempre rapportarsi al pari potere/diritto degli altri comproprietari ed è proprio per tale motivo che la manifestazione di dissenso da parte della maggioranza dei comproprietari potrebbe influire – a determinate condizioni – sulla validità del contratto di affitto stipulato non da tutti i proprietari.
Il condizionale in tale caso è d’obbligo, in quanto la manifestazione del dissenso deve essere avvenuta e comunicata al comproprietario concedente – nonché al conduttore/affittuario – durante le fasi della trattativa, ossia prima della stipula del contratto o al momento iniziale del rapporto ove il contratto fosse già stato concluso.
Ove la comunicazione sia avvenuta nei termini di cui sopra, la Suprema Corte statuisce che “resta preclusa la possibilità di pretendere quella conclusione o esecuzione, con la conseguenza che il contratto, stipulato nonostante tale consapevolezza, è invalido per carenza di potere, o di valida volontà, della parte condente” (Cass. civ., Sez. III, 4 giugno 2008, n. 14759).
Pertanto, il dissenso manifestato e comunicato all’affittuario a contratto già concluso ed a rapporto già in corso non produce alcun effetto negativo in capo all’affittuario, il quale proseguirà la coltivazione del fondo in forza di un valido titolo di conduzione, non essendo la tardiva comunicazione del dissenso idonea ad far venir meno la presunzione che il concedente avesse agito con il consenso degli altri comproprietari.
Tale ultima affermazione riveste grande importanza non solo per la validità intrinseca del contratto, ma anche al fine della validità/legittimità della richiesta di aiuti comunitari o contributi Agea per la coltivazione dei terreni oggetto di contratto, avanzata dall’agricoltore proprio in forza di tale contratto di affitto.
Il contratto resterà, pertanto, valido ed efficace nei confronti dell’affittuario – terzo contraente in buona fede – tenendolo indenne da ogni ed eventuale azione di rilascio e di rivendica, nonché di qualsivoglia richiesta di risarcimento del danno. Quest’ultimo potrà contrariamente essere richiesto al concedente da parte degli altri comproprietari dissenzienti, ove l’attività posta in essere risulti pregiudizievole per gli interessi della comunione (Cass. Civ., Sez. III, 13 gennaio 2009, n. 483).
Avvocato Chiara Roncarolo
Avvocato Maurizio Randazzo
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