Decadenza dai benefici PPC
L’argomento in esame, questo mese, riguarda i benefici fiscali per l’acquisto di terreni agricoli con particolare riferimento alla decadenza dai medesimi a seguito della stipula di un negozio di affitto temporaneo.
Con la Sentenza n. 6688 il Giudice delle leggi, si è confrontato con una annosa vertenza conseguente alla decisione dell’Agenzia delle entrate locale con cui era stata disposto il recupero delle ordinarie imposte di registro e ipotecaria in relazione a un acquisto di fondo rustico per il quale l’acquirente aveva beneficiato delle agevolazioni fiscali previste dalla L. n. 604-54 a favore della piccola proprietà contadina. Più precisamente il soggetto beneficiario era stato aggiudicatario dall’Autorità Giudiziaria, in esito a decreto di trasferimento del tribunale competente nella procedura di esecuzione immobiliare.
La motivazione addotta dall’Agenzia a fondamento del provvedimento di recupero consistette nella circostanza dell’intervenuta stipula di un contratto di affitto del medesimo fondo rustico entro il quinquennio.
In prime cure, l’aggiudicatario, coltivatore diretto, ottenne dalla commissione tributaria provinciale l’annullamento dell’atto, confermata in seconda istanza dalla commissione tributaria regionale con sentenza del 2008.
L’argomento vincente, addotto dal coltivatore diretto in prima istanza e in appello, si fondava, in via di semplificazione e di sintesi, sulla interpretazione della ravvisabilità della decadenza prevista dall’art. 7 della L. n. 604-54 esclusivamente nell’ipotesi in cui cessasse in via definitiva la conduzione del fondo. Nel caso in esame, al contrario, il beneficiario delle agevolazione ha sostenuto di non avere perso la disponibilità del fondo in quanto il contratto di affitto era a ricondursi alla tipologia dei contratti “intercalari”, inferiore, nel caso in esame, a otto mesi e, per sua natura, inidoneo a determinare una interruzione persistente ed anzi limitato ed infra annuale.
Pertanto, l’argomento principale che ha motivato una decisione favorevole al contribuente e coltivatore diretto in prima e seconda istanza è stata la mancata prova della cessazione definitiva della coltivazione del fondo a seguito del rapporto di affitto, caratterizzato da una durata limitata (inferiore a otto mesi) e, pertanto, idoneo a determinare esclusivamente una breve interruzione dell’attività di coltivazione diretta da parte del titolare. Il ricorrente, inoltre, ha contestato all’ufficio delle entrate una carente e lacunosa istruttoria, che per di più non era stata preceduta dall’apposito accertamento da parte del servizio provinciale dell’agricoltura unicamente competente.
Il ricorso in cassazione è stato promosso dall’Agenzia delle entrate, soccombente nei primi due gradi, ed è stato fondato sulla dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 1° co., della l. n. 604/54 ed 11 co. 2°, 3° co., del d.lgs. n. 228/01, nonché degli artt. 12 e 14 delle preleggi.
In buona sostanza, l’Ente assume che il contratto di affitto di fondo rustico comporti sempre e comunque la decadenza dall’agevolazione per la piccola proprietà contadina se ed in quanto stipulato prima della scadenza del quinquennio dall’acquisto.
In particolare, l’Agenzia ritiene irrilevante che il contratto sia stagionale o annuale, in quanto anche la durata limitata comporterebbe la decadenza del beneficio. Stante la natura speciale della normativa, infatti, è vietata ogni interpretazione della norma che determini conseguenze diverse in base alla definitività o temporaneità della cessazione della coltivazione diretta del fondo.
Anticipiamo che la Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate accertando la legittimità e correttezza del suo operato e pertanto cassando le prime due pronunce.
Si è scelto di illustrare la sentenza in esame in quanto non risultano altri precedenti relativi a ipotesi di decadenza dal beneficio fiscale a causa dell’intervenuta concessione in affitto del fondo rustico.
La Suprema corte ha ritenuto prevalente la finalità pubblicistica che connota la normativa in esame ritenendola sempre e comunque incompatibile con la cessazione della coltivazione diretta del fondo, e ciò quandanche l’interruzione sia temporanea e non sia provata la successiva ripresa dalla coltivazione da parte del beneficiario.
La Cassazione, quindi, con la sentenza esaminata interpreta in modo restrittivo e tranciante l’art. 7 della l. 604/54, sancendo la decadenza dalle agevolazioni tributarie dell’acquirente, del permutante o dell’enfiteuta il quale, prima che siano trascorsi cinque anni dagli acquisti fatti a norma della medesima legge, aliena volontariamente il fondo o i diritti parziali su di esso acquistati, ovvero cessa dal coltivarlo direttamente.
La Suprema Corte considera come certamente riconducibile alle ipotesi di legge l’affitto del fondo, a seguito del quale il beneficiario sconta la perdita del beneficio fiscale, salvo che avvenga a favore del coniuge o dei parenti entro il terzo grado o degli affini entro il secondo, che, in base all’art. 11, 3° co., del d.lgs. n. 228/01, esercitino a loro volta l’attività di imprenditore agricolo di cui all’articolo 2135 c.c.
Con la precisazione, pacifica e non controversa, che la violazione del divieto non comporta la nullità del contratto di affitto, alla luce della previsione di una sanzione specifica e idonea al perseguimento del medesimo obiettivo (v. Cass. Civ. 24623/07) .
Considerate le caratteristiche della norma appena citata è irrilevante che il contratto con soggetto diverso da quelli tassativamente indicati dalla norma (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo) abbia una durata limitata (nel nostro caso, otto mesi) e neppure rileva che detto rapporto sia qualificato come intercalare.
La Cassazione chiarisce che la natura di contratto di affitto di fondo rustico intercalare indica solo un tipo di coltivazione, indicando una cultura di breve ciclo che si realizza, e si conclude, all’interno della realizzazione di un prodotto dello stesso genere di più lungo ciclo. Più precisamente, indica una cultura il cui ciclo vitale si conclude tra il raccolto e l’impianto di un’altra coltivazione dal ciclo più lungo (rif. Cass. Civ. 13631/04).
L’intercalarità, si sottolinea quindi in conclusione, non ha nessuna conseguenza sul fronte delle agevolazione tributarie previste a tutela del riordino della piccola proprietà contadina, in quanto il contratto di affitto è in ogni caso decisivo nel sancire la cessazione della coltivazione diretta da parte del proprietario.
L’acquirente coltivatore diretto ha tentato una difesa fondata su di una risalente sentenza della medesima Corte, n. 3802/92, sostenendo che essa avrebbe confermato la legittimità delle decisioni di primo grado e di appello, a lui favorevoli.
Per il vero, la decisione citata riguardava tutt’altra situazione, in quanto contesta – a ragione – la decadenza dal beneficio a danno di un soggetto che la cui famiglia contadina risultava inferiore a un terzo di quella occorrente per la coltivazione del fondo. In quel frangente la Corte ha affermato che il sopravvenuto venir meno del rapporto di proporzionalità fra la forza lavorativa e l’estensione del fondo non costituisce una ragione di decadenza in quanto non inclusa fra le ipotesi tipiche previste dal citato art. 7.
La difesa però non è risultata adeguata, ed anzi è fin troppo evidente che la tesi del coltivatore, e a ben vedere, anche della commissione tributaria, avrebbe avallato potenziali, e facili, aggiramenti della norma, mediante la stipulazione di singoli contratti di affitto intercalari, dalla durata limitata e infra culturale.
All’esito, la Cassazione ha quindi rigettato l’impugnazione proposta dal contribuente avverso l’avviso di liquidazione, confermando la legittimità dell’operato dell’agenzia delle Entrate. La materia e la sua complessità hanno, per il resto, fondato la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
L’elemento fermo, determinante e insuperabile, quindi è e rimane il divieto di cessare la coltivazione diretta, pena la decadenza dai benefici fiscali goduti in fase di acquisto.
Avvocato Chiara Roncarolo
Avvocato Maurizio Randazzo
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