News Sentenze Cassazione Dicembre 2020

  1. L’uso esclusivo di un bene condominiale non è un diritto reale

Le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, chiamate pronunciarsi sulla natura del diritto all’uso esclusivo di un bene condominiale, hanno stabilito che la pattuizione avente ad oggetto la creazione del c.d. “diritto reale di uso esclusivo” su una porzione di cortile condominiale costituente parte comune dell’edificio, tale da incidere, privandolo di concreto contenuto, sul nucleo essenziale del diritto dei condomini di uso paritario della cosa comune, è preclusa dal principio, insito nel sistema codicistico, del numerus clausus dei diritti reali e della tipicità di essi, che impedisce la creazione di un nuovo diritto reale, seppur limitato.

Con la sentenza n. 28972 depositata il 17 dicembre 2020, le Sezioni Unite hanno pertanto escluso la natura reale del diritto di uso esclusivo del bene condominiale, risolvendo un contrasto giurisprudenziale sorto tra un orientamento che sosteneva la natura reale di tale diritto e un altro che propendeva per la qualificazione dello stesso quale fattispecie peculiare del diritto al pari uso di un bene comune ai sensi dell’art. 1102 c.c.

 

  1. Insultare la moglie integra il reato di maltrattamenti

La Corte di Cassazione è intervenuta in giudizio per il reato di maltrattamenti con la sentenza n. 34351/2020, confermando che per integrare questo reato sono sufficienti gli insulti e le offese quotidiane rivolte alla moglie, in quanto dimostrano la ripetitività e ossessività delle condotte.

La Corte ha precisato che il compito della Corte d’Appello, che aveva riconosciuto l’attenuante della minore gravità per il reato di violenza sessuale nei confronti della moglie, è quello di valutare la ripetitività e abitualità dei comportamenti messi in atto dal marito nei confronti della moglie; è emerso infatti che l’uomo metteva in atto costanti prevaricazioni, consistenti in continui insulti pronunciati nella quotidianità e non solo nel corso di litigi circoscritti.

 

  1. Danno da lucro cessante: è dovuto il risarcimento integrale delle retribuzioni future

La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 9 dicembre 2020 n. 28071 chiarito che, in tema di risarcimento del danno da lucro cessante inteso come perdita di redditi futuri da attività lavorativa, laddove il danneggiato dimostri di avere perduto un preesistente rapporto di lavoro a tempo indeterminato di cui era titolare a causa delle lesioni conseguenti ad un illecito, «il danno patrimoniale va liquidato tenendo conto di tutte le retribuzioni (nonché di tutti i relativi accessori e probabili incrementi, anche pensionistici) che egli avrebbe potuto ragionevolmente conseguire in base a quello specifico rapporto di lavoro».

La Corte ha precisato inoltre che il risarcimento è dovuto in misura integrale e non in base alla sola percentuale di perdita della capacità lavorativa, cassando in parte la decisione della Corte di Appello di Venezia, che aveva riconosciuto al danneggiato, vittima di un sinistro stradale, le retribuzioni perse a causa del licenziamento solo nella misura pari alla menomazione patita.

Soltanto qualora la vittima abbia trovato un nuovo lavoro, il risarcimento dovrà essere pari alla differenza tra le retribuzioni perdute e quelle conseguite o conseguibili in virtù della nuova occupazione.

 

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