Permuta e prelazione agraria
Ai fini dell’esercizio del diritto di prelazione, l’art. 8 della l. 590/1965 espressamente prevede il “trasferimento a titolo oneroso o la concessione in enfiteusi” del terreno oggetto del diritto, richiamando, inoltre, sia il termine “prezzo” sia il termine contratto “preliminare di compravendita”, quale mezzo necessario per la notifica della denuntiatio al prelazionario.
La premessa evidenzia che le tipologie negoziali in presenza delle quali sorge in capo all’affittuario o al confinante – entrambi coltivatori diretti – il diritto di esercizio della prelazione sono esclusivamente quelle che hanno ad oggetto il trasferimento del fondo rustico a titolo oneroso.
Il comma 2 del citato articolo 8 espressamente prevede, invece, quali sono i negozi in presenza dei quali non sussiste in capo ai soggetti di cui sopra il diritto di prelazione e precisamente quando il trasferimento di proprietà del terreno avviene in forza “di permuta, vendita forzata, liquidazione coatta, fallimento, espropriazione per pubblica utilità e quando i terreni in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, siano destinati ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica”. In tali situazioni è escluso l’esercizio della prelazione in quanto in esse non si privilegia la ratio di favorire la riunione della qualità di proprietario del fondo e di lavoratore della terra (art. 8, l. 590/1965), né quella di favorire l’accorpamento dei fondi agricoli per migliorarne la redditività formando imprese diretto-coltivatrici di più ampie dimensioni (art. 7, l. 817/1971).
Con specifico riferimento alla permuta, la giurisprudenza – recentemente confermata – ha già avuto modo di precisare come tale esclusione vada riferita a tutte le ipotesi di permuta, ossia a qualsiasi ipotesi di trasferimento avente ad oggetto la scambio del fondo con altri beni immobili (cfr. Cass. civ. 20 dicembre 1980, n. 6573; Cass. civ., 21 novembre 1981, n. 6225; Cass. civ., 16 maggio 2013, n. 11954).
Maggior chiarezza in merito viene fornita dalla definizione di permuta – evoluzione storica del baratto – contenuta all’articolo 1552 c.c., il quale la definisce come “il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all’altro”. La possibilità di reciproco eterogeneo trasferimento di beni e diritti ben evidenzia la differenza con il trasferimento derivante dall’esercizio della prelazione.
Nel diritto di prelazione, infatti, colui che esercita la prelazione sarà in grado di offrire al proprietario del fondo messo in vendita la stessa identica prestazione richiesta al soggetto terzo, il prezzo; e, per tale motivo, il proprietario del terreno non si troverà di fronte a prestazioni oggettivamente differenti, ma solamente ad un differente soggetto con il quale contrarre, a parità di condizioni, il medesimo contratto di compravendita.
Diverso è il caso della permuta in cui è chiaro che gli interessi in gioco si baseranno sulla differenza delle prestazioni offerte in cambio, ossia sulla qualità e quantità del bene/diritto offerto quale controprestazione al trasferimento del terreno.
Stante il diverso interesse sottostante, dunque, il diritto di prelazione non sarà esercitabile nemmeno nel caso in cui un terreno agricolo venisse concesso in permuta con un fabbricato urbano o con altri beni di diversa natura (cfr. Cass. civ., 16 giugno 1984, n. 3607; Trib. Prato, 26 maggio 1987; Cass. civ., 21 novembre 1981, n. 6225).
Occorre, tuttavia, precisare che la permuta non si trasforma in un trasferimento a titolo oneroso – circostanza che renderebbe nuovamente applicabile il diritto di prelazione – neppure nel caso in cui, al fine di compensare la differenza di valore esistente tra i beni oggetto del trasferimento reciproco, le parti si accordassero per la corresponsione di una somma a conguaglio. Ciò in quanto il conguaglio è ritenuto elemento secondario ed accidentale rispetto al valore del bene (Cass. civ., Sez. III, 3 novembre 1990, n. 10573; App. Salerno, 13 marzo 1998).
Si rileva, infine, che l’esclusione prevista dalla normativa agraria trova applicazione anche in ambito societario. Seguendo, infatti, l’interpretazione di cui sopra, il diritto di prelazione non sarà esercitabile nemmeno nel caso in cui il fondo rustico sia stato trasferito ad una società di capitali al fine di acquisire lo status di socio in correlazione della quota sottoscritta contestualmente a tale trasferimento, in quanto anche in questo caso il fondo rustico viene trasferito dietro un corrispettivo costituito da altro bene determinato ed infungibile e non a titolo oneroso (Cass. civ., Sez. III, 1 agosto 1991, n. 8458).
Avvocato Chiara Roncarolo
Avvocato Maurizio Randazzo
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