Prelazione e simulazione
Particolare e delicato è il problema della simulazione, spesso la stessa viene posta in essere per scoraggiare il coltivatore a richiedere il procedimento di prelazione, oppure per contestare che la tipologia negoziale rientri nel novero dei negozi assoggettabili a prelazione.
Nel primo caso la simulazione viene solitamente posta in essere in riferimento al prezzo di cessione del terreno, che viene simulatamente mantenuto alto allo scopo di scoraggiare il coltivatore ad effettuare l’acquisto del fondo.
Nel secondo caso si tenta addirittura di contestare l’insorgenza del diritto stesso di prelazione, simulando ad esempio una donazione al posto di un contratto di trasferimento del bene a titolo oneroso.
Accade anche che, allo scopo di evitare l’esercizio della prelazione del confinante, il proprietario del fondo simuli un atto di compravendita del fondo con un contratto di affitto a coltivatore diretto, costringendo il proprietario del fondo confinante ad esercitare il retratto misurandosi con i limiti probatori previsti dagli artt. 2724 e 2725 c.c.
Stante quanto sopra si intuisce come il momento più qualificante per far emergere la simulazione, da parte del coltivatore pretermesso, sia quello del retratto. Si è in presenza di una sorta di compenetrazione tra azione di retratto e azione tendente a far dichiarare l’esistenza della simulazione. La magistratura non ha mancato di sottolineare alcuni punti chiave:
1) Il concetto di terzo
Ai sensi degli artt. 1414 e s.s. del codice civile, il contratto simulato non produce effetto tra le parti (le quali pertanto possono far valere la simulazione fra di loro); mentre i terzi possono far valere la simulazione quando essa pregiudica i loro diritti.
Pertanto i terzi, nell’ipotesi di negozio simulato, possono rinunciare a far valere la simulazione, oppure possono decidere di farla valere allorquando la simulazione sia di danno per il loro interesse.
Nell’ipotesi di prelazione agraria il coltivatore del fondo o il confinante che agiscono per retratto, possono avere interesse a far valere la simulazione allorquando il prezzo che compare nel contratto di vendita sia superiore rispetto a quello effettivamente versato; oppure allorquando si tratti di contestare un apparente (simulato) contratto di donazione nei confronti di un effettivo (dissimulato, cioè nascosto) contratto di vendita.
In alternativa possono non avere alcun interesse a far valere la simulazione allorquando il prezzo di vendita che figura nel contratto sia (quasi sempre per esigenze di risparmio fiscale) inferiore al prezzo effettivo versato fuori contratto.
Per questo la qualificazione di “terzo” in capo al soggetto che agisce per retratto e contemporaneamente intenda far valere la simulazione è importante.
La giurisprudenza della Cassazione ha affermato che il soggetto che propone azione di riscatto e contemporaneamente chiede che sia accertata la simulazione del contratto posto in essere dal proprietario del fondo agricolo, deve ritenersi “terzo” nei confronti di quest’ultimo contratto, con tutte le conseguenze di legge.
2) Collegamento con il riscatto
La giurisprudenza ha chiarito che ai fini dell’esercizio dell’azione di simulazione occorre che contemporaneamente sia instaurata azione di riscatto del bene. Infatti si è chiarito che l’azione di simulazione postula un interesse correlato all’esercizio di un proprio diritto, che con riferimento alla vendita di un fondo agrario concesso in affitto a coltivatore diretto, va individuato nel diritto di prelazione o nel succedaneo diritto di riscatto, ai sensi dell’art. 8 legge n. 590/65.
Ne consegue che accertata l’inesistenza del diritto di riscatto, difetta l’interesse a far dichiarare la simulazione del contratto o di uno dei suoi elementi (es. il prezzo).
La tutela concessa dal legislatore all’affittuario del fondo rustico, al quale il comportamento del concedente abbia impedito di concretamente avvalersi del diritto di prelazione, consiste fondamentalmente nell’esercizio del diritto di riscatto, mentre le altre azioni (di nullità, dichiarazione di inefficacia, simulazione) sono dal coltivatore esperibili in quanto funzionalmente collegate ad un contemporaneo esercizio dell’azione di riscatto, con la conseguenza che il termine perentorio di un anno dalla trascrizione del contratto previsto per tale azione non può ritenersi spostato, nell’inizio del suo decorso, dal previo esperimento di una delle altre azioni, comportando un indefinito prolungamento di quel termine, con pregiudizio della certezza dei rapporti giuridici.
Sulla base di queste riflessioni si può concludere affermando che l’azione per far dichiarare la simulazione del contratto posto in essere deve essere proposta contemporaneamente all’azione di retratto e nel termine per questo stabilito (un anno dalla data di trascrizione dell’atto di cessione del fondo agricolo) e che il coltivatore che impugna è qualificato come terzo, con possibilità di richiedere o meno l’accertamento della simulazione con qualsiasi mezzo.
Si pone, pertanto, il problema di stabilire come ovviare, sul piano operativo del notaio, all’ipotesi che, per esigenze fiscali, sia indicato in atto un prezzo d’acquisto inferiore al prezzo effettivo. Questo problema è stato affrontato dalla giurisprudenza, la quale ha chiarito che l’unica possibilità offerta per contrastare l’azione di retratto a prezzo indicato nell’atto (e quindi a prezzo inferiore a quello effettivo) sia di dotarsi di controdichiarazione scritta, che peraltro può essere utilizzata soltanto se dotata di data certa anteriore o contestuale all’atto pubblico di compravendita.
Avvocato Chiara Roncarolo
Avvocato Maurizio Randazzo
Lascia un commento