Prelazione e pluralità di affittuari

A norma dell’articolo 8, comma 9, legge 26 maggio 1965 n. 590 “nel caso di vendita di un fondo coltivato da una pluralità di affittuari, mezzadri o coloni, la prelazione non può essere esercitata che da tutti congiuntamene. Qualora alcuno abbia rinunciato, la prelazione può essere esercitata congiuntamente dagli altri affittuari, mezzadri o coloni purché la superficie del fondo non ecceda il triplo della complessiva capacità lavorativa delle loro famiglie”.

Dalla semplice lettura del dispositivo dell’articolo 8, comma 9, parrebbe evincersi la necessarietà dell’esercizio di prelazione da parte di tutti i prelazionari congiuntamente – salvo singole rinunce – nel caso di vendita del fondo nella sua complessiva ed unitaria estensione, il tutto nel rispetto del requisito quantitativo essenziale della idonea capacità lavorativa degli esercenti il diritto e delle loro famiglie.

La Suprema Corte ha, tuttavia, chiarito che il disposto di cui sopra costituisce il solo principio generale dell’esercizio congiunto dei diritti di prelazione e riscatto da parte della pluralità di affittuari del medesimo fondo, in quanto nulla esclude che l’esercizio del diritto avvenga con riferimento a porzioni separate del fondo medesimo nei casi in cui ciascuno degli appezzamenti condotti in affitto costituisca un’entità autonoma ed indipendente.

Autonomia ed indipendenza che però devono essere tali da non trarre maggiore utilità dalla vicinanza con gli altri appezzamenti e con l’ulteriore precisazione che anche l’esercizio del diritto di prelazione su di una sola porzione – avente le caratteristiche appena descritte – può essere posto in essere anche dalla totalità degli affittuari e, pertanto, non solo da ogni singolo affittuario separatamente (cfr. Cass. civ., Sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1369).

Peraltro, occorre rilevare che anche all’affittuario coltivatore diretto di una porzione del più ampio fondo messo in vendita, è garantito il diritto di prelazione, sempre che – come nel caso precedente – l’intero compendio sia diviso in porzioni distinte e autonome anche economicamente.

Di conseguenza, allorquando il predetto fondo sia promesso in vendita a terzi unitamente ad altri fondi con l’indicazione di un prezzo unitario e il prelazionario, interessato all’esercizio del diritto sulla sola porzione da lui coltivata, non provveda al versamento del prezzo nel termine di tre mesi, decorrenti dal trentesimo giorno dall’avvenuta notifica da parte del proprietario, salvo che non sia diversamente pattuito tra le parti. Termine così fissato dall’articolo 8, sesto comma, della legge 590 del 26 maggio 1965.

La Corte precisa che in tale specifica circostanza non si verifica la decadenza in capo all’affittuario dal diritto di prelazione e ciò in conseguenza della mancata precisazione del prezzo unitario della specifica porzione soggetta a prelazione. Infatti, la determinazione del prezzo unitario costituisce un obbligo posto a carico del proprietario. Tuttavia la Cassazione precisa che la determinazione del prezzo unitario potrà avvenire anche nell’eventuale giudizio di riscatto, senza che ciò comporti decadenze di sorta in capo al prelazionario/riscattante (cfr. Cass. civ., Sez. III, 7 marzo 2014, n. 5414).

Sul punto, infatti, è stata dichiarata irrituale e priva di effetti la “denuntiatio” che indichi solamente il prezzo complessivo del fondo posto in vendita, qualora il destinatario della stessa abbia diritto di prelazione solo su di una porzione del fondo stesso. La ratio della decisione sottostà alla circostanza che l’omessa specificazione del prezzo del singolo lotto impedisce al prelazionario di valutare consapevolmente l’opportunità dell’esercizio del diritto di prelazione sulla porzione di fondo dallo stesso condotta (cfr. Cass. civ., Sez. III, 29 agosto 2013, n. 19862).

Infine, quanto ai termini procedurali, indipendentemente dall’oggetto e dalla eventuale pluralità dei soggetti agenti, la dichiarazione dell’affittuario di voler esercitare la prelazione in caso di vendita, ai sensi del predetto articolo 8 della l. 590 del 1965, dovrà pervenire al proprietario/venditore entro il consueto termine di 30 giorni dalla notificazione della denuntiatio e ciò in quanto la comunicazione della volontà dell’esercizio del diritto costituisce un atto unilaterale recettizio produttivo di effetti solo dal momento in cui la stessa giunga a conoscenza del destinatario, oppure dal momento in cui possa ragionevolmente ritenersi conosciuta dal destinatario in quanto si provi che la stessa è pervenuta al suo indirizzo (cfr. Cass. civ., Sez. III, 22 giugno 2016, n. 12883).

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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