Vendita di quota di bene indiviso

Frequentemente accade che un immobile originariamente in proprietà di unico soggetto, a causa di successione o per atto traslativo inter vivos, giunga in proprietà di una pluralità di soggetti, costituendo una comunione pro indiviso sul bene medesimo.

In tale circostanza, ogni comproprietario si troverebbe ad avere la piena e libera disponibilità della propria quota indivisa sull’intera massa comune composta da una molteplicità di beni (c.d. quotona), mentre non potrebbe liberamente disporre della diversa quota indivisa riferita al singolo bene facente parte della più ampia comunione (c.d. quotina).

Tale diversa concezione deriva dalla circostanza che la cessione integralmente della propria quota ideale ad un terzo – salvi gli eventuali diritti di prelazione sull’acquisto da parte degli altri comunisti – con conseguente subentro di quest’ultimo nella medesima situazione originariamente in capo al cedente, non comporterebbe modificazione oggettiva alcuna della situazione preesistente e, pertanto, non deriverebbe l’onere di procedere con un successivo atto di divisione.

Il trasferimento ha, pertanto, effetti traslativi immediati in capo al terzo avente causa, che subentrerà nella stessa situazione del comunista-alienante – suo dante causa – proprio in forza della non necessaria assegnazione “materiale” delle quota in capo allo stesso ai fini traslativi.

Diversamente, come più volte confermato dalla Suprema Corte, il comunista non potrà liberamente disporre la vendita della sola “quotina”, ossia della quota indivisa su un singolo bene parte di una più ampia massa. L’alienazione di tale porzione di proprietà – stante la non intervenuta divisione – configurerebbe, infatti, una vendita di cosa altrui, fattispecie contrattuale il cui effetto traslativo sarà condizionato all’effettiva assegnazione dello specifico bene, in sede divisionale, in capo all’originario dante causa del soggetto terzo-acquirente (cfr. fra le tante, Cass., S.U., 15 marzo 2016, n. 5068; Cass., 23 aprile 2013, n. 9801; Cass., 15 febbraio 2007, n. 3385; Cass., 29 aprile 1992, n. 5181; Cass., 15 giugno 1988, n. 4092).

Per tale motivo, all’atto della divisone, la sola presenza di fatto necessaria sarà quella dell’alienante, in quanto il terzo avente causa, non diviene parte della comunione (non subentrando, a differenza del caso di vendita della c.d. quotona, nella posizione dell’alienante). L’acquirente resta legato al solo promissario venditore in forza di un rapporto obbligatorio nascente dal contratto tra gli stessi stipulato.

Sul punto, occorre precisare che ai sensi dell’articolo 1113, comma 3, c.c., il terzo avente causa avrà diritto (previa convocazione) ad intervenire in sede divisionale, in qualità di soggetto che potrebbe veder danneggiati i propri diritti nel caso in cui venisse assegnato al proprio dante causa un bene diverso rispetto a quello oggetto di contratto od una porzione inferiore della quota a lui spettante.

In caso di mancata convocazione, l’atto di divisione, pur restando valido ed efficace tra le parti, non potrà essere opposto ai soggetti terzi in possesso dei requisiti di cui al citato articolo 1113 c.c.

Sul piano pratico, in caso di alienazione, da parte di uno comproprietario, della quota ideale di proprietà di un terreno facente parte di una più ampio compendio, al fine di permettere all’acquirente di subentrare nella piena proprietà della parte di bene promesso (quotina), sarà necessario procedere alla previa divisione dello stesso in modo da assegnare a ciascun originario comproprietario una porzione definita e specificamente individuata del bene originariamente oggetto di comunione.

Diversamente, in caso di alienazione dell’intera quota ideale della massa complessiva (ad esempio, un pluralità di beni immobili), il terzo acquirente subentrerà nella stessa situazione esistente in capo al suo dante causa, pertanto con semplice subentro nella medesima quota ideale della comunione, salvi gli eventuali diritti di prelazione da parte degli altri comproprietari in caso di comunione ereditaria garantiti tanto dal codice civile che dalla normativa agraria.

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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