Prelazione del coerede

L’art. 8 ultimo comma della legge n. 590 del 1965 dispone che ai soggetti di cui al primo: l’affittuario, il mezzadro, il colono o il compartecipante “sono preferiti, se coltivatori diretti, i coeredi del venditore”. Vi è incertezza sull’interpretazione di questa norma e pare che l’incertezza derivi dal fatto che prima di risolvere il problema occorre affrontare l’ulteriore problema se la norma si applichi o meno quando trova applicazione l’art. 732 c.c. in buona sostanza occorre chiarire se la preferenza al coerede viene attribuita soltanto nell’ipotesi che la comunione ereditaria sia ancora in essere e non si sia verificata la divisione ereditaria, oppure anche nell’ipotesi che i coeredi siano diventati ormai semplici comunisti.
La giurisprudenza della Cassazione ritiene che se sia venuta meno la comunione ereditaria, la norma non debba più essere applicata e pertanto non vi sia più alcuna ragione di attribuire la preferenza ivi prevista (cfr. Cass. 21 aprile 1997, Sent. n. 3424: per la quale il diritto di prelazione in favore del coerede, disciplinato dall’art. 732 cod. civ. e che è prevalente sul diritto di prelazione del coltivatore diretto del fondo quando anche il coerede sia coltivatore diretto, presuppone una situazione in cui la maggior parte delle varie componenti dell’asse ereditario si trovi ancora nello stato di indivisione quale risultante al momento dell’apertura della successione, sicché ove siano state compiute operazioni divisionali che abbiano portato ad eliminare l’anzidetto stato la comunione residuale sugli immobili ereditari si trasforma in comunione ordinaria, senza possibilità di applicazione del menzionato art. 732 cod. civ.; analogamente Cass. 26 luglio 2001, Sent. n. 10218; Cass. 15 febbraio 1993, Sent. n. 1850.
La dottrina è invece divisa. Alcuni affermano che anche dopo la divisione dell’eredità la norma trovi applicazione; altri invece sposano in pieno l’opinione della Cassazione, sul presupposto che la norma presupponga in pieno l’operatività dell’art. 732 sulla prelazione del coerede, norma che prevede l’esistenza della comunione ereditaria.
Tuttavia, alla fine, la dottrina giunge alla conclusione che l’unica ipotesi in cui può verificarsi un conflitto tra coltivatore e coerede sia quella del patrimonio ereditario identificato con un unico fondo rustico, caratterizzato dall’eventualità che un coerede intenda alienare la sua quota del fondo corrispondente alla sua quota di eredità.
Quando, a seguito della violazione delle predette norme, si verifica una violazione del diritto di prelazione il rimedio esperibile per i soggetti interessati è il retratto o riscatto, istituto giuridico che integra il rimedio tipico previsto per l’ipotesi di violazione della disciplina sulla prelazione ed è stato qualificato come diritto potestativo complementare al diritto di prelazione. Esso rappresenta lo strumento per la tutela della prelazione, il mezzo che serve ad assicurare ed a realizzare gli stessi obiettivi perseguiti dalla legge con la prelazione (confronta Cass. 11 settembre 1972, Sent. n. 2724;
Cass. 22 novembre 1974, Sent. n. 3792; Cass. 16 ottobre 1976, Sent. n. 3498).
Il diritto del coltivatore di subentrare al terzo acquirente del fondo agricolo in caso di mancata osservanza delle norme sulla prelazione:
a) È un diritto potestativo del retraente;
b) Si estrinseca in una dichiarazione unilaterale recettizia;
c) Va presentata nel termine legale di decadenza di un anno, che decorre dalla data della trascrizione dell’atto di vendita;
d) Va espressa o con atto stragiudiziale, oppure mediante atto giudiziale di citazione a giudizio.

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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