Compendio unico e le successioni

Il sistema successorio tutelando essenzialmente gli interessi della famiglia porta al frazionamento della proprietà in sede di divisione ereditaria.

Il legislatore ha dettato una speciale disciplina “successoria agraria”, prevedendo la nullità dei frazionamenti, anche mortis causa, del c.d. “compendio unico”, e stabilendo, che, qualora nei dieci anni dalla costituzione del compendio “i beni disponibili nell’asse ereditario non consentano la soddisfazione di tutti gli eredi secondo quanto disposto dalla legge in materia di successioni o dal dante causa, si provvede all’assegnazione del compendio all’erede che la richieda, con addebito dell’eccedenza.

A favore degli altri eredi sorge un credito di valuta garantito da ipoteca sui terreni caduti in successione, da pagarsi entro due anni dall’apertura della stessa con un tasso d’interesse inferiore di un punto a quello legale.”

Qualora nessuno degli eredi richieda l’attribuzione del compendio sono revocati i diritti agli aiuti comunitari e nazionali assegnati all’imprenditore defunto per i terreni oggetto della successione.

Sembra che il legislatore, nel prevedere l’assegnazione del compendio all’erede che la richieda, abbia inteso privilegiare la gestione individuale dell’impresa escludendo a priori la possibilità che più eredi possano richiedere l’assegnazione del compendio.

Nonostante la lettera della legge, è preferibile ritenere ammissibile la costituzione di una società agricola tra gli eredi nella quale conferire l’intero compendio.

Il vincolo reale di indivisibilità che impedisce il frazionamento per effetto di trasferimenti sia a causa di morte che per atto tra vivi, permane anche dopo la morte del suo titolare, e si trasmette all’erede, il quale subentrando al de cuius senza soluzione di continuità, si avvale del periodo di tempo già trascorso in capo al suo dante causa.

Più problematica risulta la fattispecie nella quale nessuno degli eredi richieda l’attribuzione preferenziale non intendendo continuare a coltivare o condurre i terreni costituti in compendio: in questa ipotesi la norma contempla unicamente la revoca dei diritti agli aiuti comunitari e nazionali assegnati all’imprenditore defunto.

Stante la natura reale del vincolo di indivisibilità è da ritenere che lo stesso permanga inalterato fino alla sua scadenza, mentre per quanto concerne il mancato rispetto dell’impegno a coltivare o condurre il compendio, non può invocarsi alcuna decadenza dai benefici fiscali concessi, in quanto, conformemente a quanto previsto dal comma 1 dell’art. 7 della L. n. 604/1954 e succ. modifiche ed integrazioni le uniche ipotesi di decadenza del coltivatore diretto dai benefici fiscali, sono l’alienazione volontaria del fondo e la cessazione della “coltivazione diretta”. L’evento morte non è previsto.

Da quanto sopra si può ricavare che la decadenza dai benefici fiscali è per lo più una sanzione comminata dal legislatore per il comportamento scorretto del contribuente che non ha ottemperato agli impegni assunti, comportamento che, ovviamente, non può riscontrarsi nell’evento morte.

Inoltre, occorre tener presente che l’erede che richiede l’assegnazione non deve necessariamente essere coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale, potendo acquisire tale qualifica anche successivamente.

Da ultimo, occorre esaminare la fattispecie relativa al testamento che contiene una violazione del divieto di frazionamento del compendio. In merito a tale circostanza, si sottolinea che occorrerà verificare caso per caso, se la singola disposizione inficia l’intero testamento o invalida la sola disposizione che dispone il frazionamento medesimo.

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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