Diritto di ripresa

Statuisce l’articolo 42 della legge sui contratti agrari che: Il concedente, si legga locatore, che sia divenuto proprietario dei fondi da almeno un anno può ottenere per sé, o per un componente la propria famiglia che ne abbia i requisiti, la risoluzione anticipata del contratto, previa disdetta, da intimare, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno tre anni prima della fine dell’annata agraria in cui avverrà il rilascio del fondo da parte del concessionario, si legga affittuario, purché concorrano congiuntamente, nel soggetto per il quale è esercitata la ripresa, le seguenti condizioni:

1) che sia coltivatore diretto o soggetto ad esso equiparato ai sensi dell’articolo 7 della legge sui contratti agrari.

2) che abbia nella propria famiglia, al momento della intimazione della disdetta, almeno una unità attiva coltivatrice diretta di età inferiore ai cinquantacinque anni;

3) che nella disdetta si obblighi a coltivare direttamente il fondo per un periodo non inferiore a nove anni ed a farlo coltivare direttamente, per lo stesso periodo, dai familiari eventualmente presi in considerazione;

4) che non sia nel godimento, a qualsiasi titolo, di altri fondi che, con le colture in atto, possono assorbire più della metà della forza lavorativa sua e della famiglia.

Peraltro è espressamente previsto che la predetta disposizione si applichi anche al locatore, coltivatore diretto, che sia emigrato per ragioni di lavoro in Italia o all’estero da meno di cinque anni purché sussistano le condizioni indicate.

In tal caso, però, la disdetta deve essere inviata almeno due anni prima della fine dell’annata agraria in cui avverrà il rilascio del fondo da parte dell’affittuario.

Non trascurabile è la conseguenza, prevista dal legislatore per il soggetto che dopo aver esercitato la ripresa non adempia all’obbligo di coltivare direttamente il fondo per un periodo non inferiore a nove anni. La normativa, in proposito, stabilisce che l’affittuario ha diritto, a sua scelta, ad agire per il risarcimento dei danni o, in alternativa, per il ripristino del contratto anche nei confronti di eventuali terzi oltre che per il risarcimento del danno.

Da non sottovalutare è anche la circostanza che, in caso di vertenza processuale, gli attori che hanno agito, ex articolo 42 legge 3 maggio 1982 n. 203, provate, incorso di causa, tutte le condizioni di legge per l’esercizio del diritto di ripresa, di cui all’art. 42, siano tenuti, ai sensi e per gli effetti dell’articolo articolo 43 della suddetta legge, a corrispondere all’affittuario un indennizzo.

Il giudice, infatti, potrà, se richiesto, liquidare a favore dell’affittuario un indennizzo per essere stata pronunziata la incolpevole risoluzione del contratto di affitto inter partes, determinandone, altresì, la misura non superiore alle 12 annualità del canone corrisposto dall’affittuario né inferiore al canone relativo alle annualità residue di durata del contratto, purché non superiori a dodici.

Quanto sopra in quanto l’articolo 43 citato prescrive che, in tutti i casi di risoluzione incolpevole di contratti di affitto, agli affittuari coltivatori diretti, agli affittuari non coltivatori diretti, ai mezzadri, ai coloni, ai compartecipanti e ai soccidari spetta, a fronte dell’interruzione della durata del contratto, un equo indennizzo il cui ammontare, in mancanza di accordo fra le parti, è stabilito dal giudice. E che, nella determinazione della misura dell’indennizzo, il giudice tiene conto della produttività del fondo, degli anni per i quali il rapporto sarebbe dovuto proseguire nonché di tutti gli altri elementi ricorrenti nella fattispecie.

Da ultimo, occorre tener presente che all’affittuario, sino all’effettiva corresponsione dell’indennizzo, compete il diritto di ritenzione del fondo.

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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