Diritto di ritenzione

L’articolo 20 della Legge 203 del 1982 in materia di diritto di ritenzione statuisce che: “Il giudice, con riguardo alle condizioni economiche del locatore, può disporre il pagamento rateale, entro cinque anni, della indennità di cui al secondo comma dell’articolo 17 (indennità per i miglioramenti apportati al fondo) da corrispondersi dal locatore medesimo all’affittuario, ordinando comunque la prestazione di idonee garanzie e il pagamento degli interessi legali oltre al risarcimento del danno derivante dalla eventuale svalutazione monetaria intervenuta tra la data dell’accertamento del diritto e quella del pagamento della somma dovuta. Se nel giudizio di cognizione o nel processo di esecuzione è fornita prova della sussistenza in generale delle opere di cui al primo comma dell’articolo 16, all’affittuario compete la ritenzione del fondo fino a quando non sia stato soddisfatto il suo credito, salvo che il locatore non presti idonea garanzia da stabilirsi dall’autorità giudiziaria su istanza del locatore medesimo”.

Il predetto articolo ha fatto sorgere diverse questioni, una delle tante è se il diritto di ritenzione sia opponibile erga omnes o soltanto al proprietario originario del fondo. Nel silenzio della norma sono sorte due teorie, una che identifica il diritto di ritenzione come un diritto reale, l’altra, che lo definisce diritto personale. Tuttavia entrambe le tesi risultano insoddisfacenti. I sostenitori della realità del diritto di ritenzione sembrano aver ragione nell’affermare che il diritto è opponibile a qualsiasi terzo che avanzi pretese sulla cosa e che quindi il diritto è esperibile erga omnes. Secondo questi autori, se non fosse così, il diritto di ritenzione risulterebbe privo di ogni efficacia pratica. Però, ad onor del vero; costoro non hanno argomenti da opporre alla obiezione che il soggetto che ha diritto di trattenere la cosa, fino all’avvenuto pagamento, non può disporre della cosa trattenuta, non può agire esecutivamente per realizzarne il valore, non può soddisfare il proprio credito, né, tantomeno, è titolare del diritto di sequela.

A favore della opposta teoria vi è l’affermazione che il diritto di ritenzione, quale forma di autotutela, più che un diritto, è un’eccezione, la quale necessariamente non può avere che natura personale. Anche questa tesi, peraltro, perde di credibilità quando, prendendo le mosse dal predetto assunto, dichiara che il diritto di ritenzione non è esperibile erga omnes, ma soltanto nei confronti del proprietario originario, cui è fatto obbligo di rifondere le spese sostenute dal soggetto che trattiene la cosa. Giunti a questo punto, sembra opportuno seguire la tesi di coloro che, conciliando le due opposte teorie, definisce il diritto di ritenzione come un’eccezione personale dotata di efficacia in rem e, come tale, opponibile ai terzi acquirenti della cosa che risulti oggetto della ritenzione. Da ultimo si può rilevare come, per quanto riguarda la materia in esame, non esistano dubbi sulla esperibilità erga omnes del diritto di ritenzione a favore dell’affittuario.

 

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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