Diritto di prelazione e riscatto del confinante che esercita attività di allevamento

Il diritto di prelazione e riscatto del confinante, già oggetto di precedenti trattazioni, sorge in capo al coltivatore diretto che possieda i requisiti previsti all’art. 8 l. 590/1965 al momento della messa in vendita del terreno confinante con uno o più appezzamenti di sua proprietà.

Come noto, primo requisito richiesto dalla norma è il possesso in capo al confinante della qualifica soggettiva di coltivatore diretto, così come identificata dal disposto dell’art. 31 della medesima l. 590/1965 ed è proprio questo requisito che necessita di ulteriore analisi nel caso oggetto della presente trattazione.

Il predetto articolo, infatti, si limita a definire coltivatori diretti “coloro che direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all’allevamento ed al governo del bestiame, sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per la normale necessità della coltivazione del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame”, facendo in tal modo apparire che anche l’allevatore sia, senza ombra di dubbio, legittimato ad esercitare il diritto di prelazione in quanto coltivatore diretto, sempre che sussistano gli ulteriori e diversi requisiti previsti dal legislatore.

Sull’argomento, risalente giurisprudenza, recentemente confermata, ha avuto modo di analizzare più approfonditamente cosa debba intendersi per coltivatore diretto nell’ottica del riconoscimento del diritto di prelazione e della legittimazione all’esercizio del retratto agrario.

Sebbene la definizione generale di coltivatore diretto riconosca come tali anche coloro che allevano e governano il bestiame, infatti, dall’analisi congiunta degli artt. 8 e 31 della legge 590 del 1965, si ricava che la qualità di coltivatore diretto del fondo limitrofo deve essere intesa in senso restrittivo, ossia propriamente funzionale alla coltivazione della terra, in ottemperanza della ratio sottostante l’istituto della prelazione e l’esercizio del retratto.

La prelazione agraria del confinante, nello specifico, è diretta all’accorpamento dei fondi al fine di migliorare la redditività dei terreni e di formare imprese diretto-coltivatrici di più ampie dimensioni e più efficienti sotto il profilo tecnico ed economico, sancendo, pertanto, la necessità che esista un forte legame con la diretta coltivazione della terra da parte del coltivatore.

Per tali motivi, la sussistenza del diritto di prelazione deve ritenersi esclusa in capo a chi eserciti, sul fondo confinante, l’attività di allevamento e governo degli animali in via esclusiva o predominante, tanto da assorbire interamente la forza lavoro dell’azienda, e da far ritenere residuale ed irrilevante, anche ai fini della produzione dell’alimentazione e l’uscita degli animali, l’attività di coltivazione eventualmente svolta su parti residuali di terreno.

A contrario si ricava, pertanto, che qualora l’attività di allevamento sia invece connessa all’attività di coltivazione del fondo, e non da essa disgiunta, verrebbe rispettata la ratio sottostante la prelazione, in quanto il retratto del fondo confinante perseguirebbe lo scopo di ampliare le dimensioni territoriali dell’azienda agricola diretta coltivatrice.

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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