L’eccezione di ritenzione

Continuando nella nostra trattazione relativa al diritto di ritenzione, sembra opportuno trattare di una questione, rilevante per la dottrina e la giurisprudenza, e cioè se l’eccezione di ritenzione può farsi valere nel giudizio di rilascio o in sede di esecuzione, o indifferentemente in entrambi.

L’opinione tradizionale, che si riallaccia all’articolo 1152 del c.c., è per la proponibilità nel solo giudizio di cognizione, nel quale si dovrebbe, di conseguenza, dare quella prova in generale dei miglioramenti apportati al fondo dall’affittuario, così come previsto dall’articolo 15 della legge sui contrati agrari.

E’ una tesi che, attraverso una rigorosa disamina dei motivi che la dottrina e la giurisprudenza hanno ritenuti idonei per proporre l’opposizione di cui all’articolo 615 c.p.c., vede nella ritenzione un’eccezione non assimilabile ad alcuno dei predetti motivi.

L’ opposta opinione è, invece, per la proponibilità della eccezione nella sola sede esecutiva, poiché si sostiene che l’affittuario non ha, in sede di giudizio di cognizione, alcun motivo da opporre alla legittimità dei requisiti (acquirente piccolo proprietario contadino, ecc.) del proprietario.

Occorre precisare che secondo la dottrina e la giurisprudenza sorgono delle perplessità riguardo alla possibilità di eccepire la ritenzione anche in sede esecutiva, una volta che non si sia esperita tale difesa nel giudizio per il rilascio. Le predette perplessità hanno origine dalla natura particolare del diritto di ritenzione, il quale è concepito quale forma di autotutela, di difesa sostanzialmente passiva che colpisce il concorrente diritto al rilascio, non tanto contrastandone i presupposti sui quali esso e fondato, ma facendo valere un diritto che è prevalente e tale da paralizzare o sospendere il predetto diritto al rilascio.

Sembra dunque, che il senso ed il significato di tale norma sono indubbiamente quelli di concedere una tutela fondata su motivi che non si potevano far valere precedentemente o in altra sede e tali, comunque, da contrastare la legittimità del titolo esecutivo. Se, dunque, è questa la ratio dell’articolo 615 c.p.c., non si può che essere contrari alla tesi della opponibilità della ritenzione anche in sede esecutiva. L’affittuario può e deve utilizzare la sua eccezione quando è convenuto per il rilascio del fondo e se egli non attua tale difesa gli è preclusa successivamente ogni opposizione. E’ fin troppo ovvio che egli perderà soltanto il diritto alla ritenzione, rimanendo inalterato ogni suo diritto per l’eventuale credito derivategli dalle migliorie effettuate.

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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