Mezzadria e conversione in contratto di affitto (parte prima)

Il contratto di mezzadria, così come quello di colonia parziaria, rientrano – o meglio rientravano – nel novero dei contratti associativi, ossia di quei contratti nei quali le parti conferiscono beni o servizi per il perseguimento di uno scopo comune,

Tale tipologia contrattuale si diffuse a partire dal basso Medioevo (1000-1492) nell’ottica del sistema produttivo feudale, prevalentemente agricolo e pastorale e pertanto incentrato sulla concessione dei terreni, da parte della proprietà, a soggetti terzi al fine della loro lavorazione e/o sfruttamento, nonché della successiva suddivisone dei ricavati, seppur in modo non egualitario tra concedente e concessionario. Tale tipologia contrattuale venne impiegata fino alla fine del secolo scorso.

La mezzadria, a differenza della colonia parziaria, aveva ad oggetto il conferimento di un “podere”, ossia di un fondo dotato di una casa colonica a disposizione della famiglia concessionaria (cfr. Trib. Foggia, Sez. Agr. 14 febbraio 2012) e munita di tutti gli strumenti necessari alla materiale conduzione dell’impresa (Azienda agricola) ed eventuale trasformazione del raccolto. L’estensione del podere, complessivamente inteso in quanto la famiglia colonica era un elemento inscindibile da quanto concessole in conduzione, doveva essere tale da assicurare il mantenimento di una famiglia colonica, assorbirne il lavoro e produrre una congrua quantità di frutti e utili.

Tra il proprietario del terreno ed il coltivatore esisteva, pertanto, un contratto agrario associativo, nel quale i prodotti e i ricavi del podere venivano divisi tra le parti solitamente nella misura della metà, con forte svantaggio in capo al mezzadro che da tale metà avrebbe dovuto ricavare sia le sementi necessarie alla semina per la campagna agraria successiva, sia il proprio sostentamento. In epoca successiva prese piede l’accordo che riteneva fosse “valido il patto con il quale taluni prodotti si dividono in proporzioni diverse” (art. 2141 c.c.).

Al fine di porre rimedio alla disparità di trattamento derivante da tale forma contrattuale il legislatore è più volte intervenuto in favore della posizione del mezzadro, fino a giungere al divieto di stipula di nuovi contratti di mezzadria, introdotto con l. 15 settembre 1964 n. 756.

Tale previsione di legge non sanciva però la nullità del contratto di mezzadria, in quanto la nullità non produceva effetti per il periodo in cui il contratto aveva comunque avuto esecuzione (c.d. mezzadria di fatto): in tale periodo dovevano essere ugualmente applicate le norme previste per il contratto di mezzadria (cfr. Cass. Civ., 29 novembre 1984, n. 6255).

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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