Prelazione agraria in caso di vendita di quota di comproprietà del terreno

Spesso la prassi porta alla nostra attenzioni casi di vendita di terreno agricolo da parte di privato a imprenditore agricolo, già comproprietario del 50% del fondo. In tale evenienza ci si chiede se esista il diritto di prelazione a favore di altri confinanti coltivatori diretti e/o imprenditori agricoli.

L’articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, attribuisce il diritto di prelazione per l’acquisto di fondi agricoli “al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti”.

Ora, per valutare se la prelazione del confinate operi nel caso in cui oggetto di vendita sia una quota della proprietà, si può far riferimento alla giurisprudenza che ha costantemente affermato che la prelazione ed il riscatto agrario sussistono anche nell’ipotesi in cui oggetto dell’alienazione sia una quota ideale di un fondo appartenente a più persone in proprietà indivisa (rif. Cass. 30 marzo 1988, n. 2686 : “l’art. 7 della legge 14 agosto 1971 n. 817, che accorda il diritto di prelazione (e riscatto) al coltivatore diretto proprietario di terreno confinante con il fondo messo in vendita, trova applicazione anche nel caso di alienazione di una quota indivisa di tale fondo …… tenuto conto che la finalità perseguita, quella cioè della realizzazione di aziende agrarie più efficienti, resta assicurata anche da accorpamenti limitati all’acquisizione della comproprietà su detti terreni”. Nello stesso senso: Cass. 30 gennaio 2006, n. 1870; Cass. 26 luglio 2001, n. 10218)

Ulteriore approfondimento, inoltre, merita il diverso profilo dell’assenza, sul fondo offerto in vendita, di altro coltivatore diretto: la Cassazione ha sostenuto che l’esistenza sul fondo offerto in vendita di un coltivatore diretto non tanto attribuisce a quest’ultimo la preferenza sui proprietari confinanti, quanto, piuttosto, esclude proprio il diritto di prelazione a favore dei confinanti, anche nell’ipotesi in cui i coltivatori del fondo non intendano esercitare il loro diritto di prelazione. Tuttavia la Cassazione 18 giugno 2003, n. 9712 ha precisato che “in caso di vendita di un fondo agricolo il diritto di prelazione e di riscatto spettante al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con quello offerto in vendita non è escluso per effetto della semplice esistenza di un contratto di mezzadria, di colonia, di affitto e di compartizione avente ad oggetto quel fondo, essendo necessaria l’esistenza di un insediamento stabile ed effettivo sul fondo, in quanto è quest’ultima che giustifica la prevalente tutela della conservazione dell’azienda agricola dell’affittuario rispetto all’interesse del proprietario del fondo confinante al conglobamento dei terreni”.

Con riferimento al caso di specie, si deve, quindi, affermare che, poiché il trasferimento di quota di comproprietà del fondo è soggetto a prelazione agraria, esiste il diritto di prelazione a favore di altri confinanti coltivatori diretti soltanto se il comproprietario non alienante, imprenditore agricolo, non possa altresì essere considerato coltivatore diretto.

La qualifica di coltivatore diretto, rilevante ai fini della prelazione agraria, è contenuta e definita nell’articolo 31 della legge 26 maggio 1965, n. 560, che stabilisce: “sono considerati coltivatori diretti coloro che direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all’allevamento ed al governo del bestiame”.

Tale qualifica si distingue dalla quella di imprenditore agricolo di cui all’art. 2083 c.c. di piccolo imprenditore agricolo, in quanto dal concetto previsto dal predetto articolo 31 “è estraneo qualsiasi riferimento alla qualità di imprenditore agricolo (rif. Cass. 8 febbraio 1991, n. 1334, che ha negato il diritto di prelazione in favore del titolare di azienda zootecnica che affitti il fondo al solo scopo di utilizzarlo per pascolo).

Sarà, dunque, necessario verificare se il comproprietario non alienante, imprenditore agricolo, possieda anche la qualifica di coltivatore diretto ai sensi dell’art. 31, l. 560/1965. E nel far ciò, occorrerà tener presente che la qualità di coltivatore diretto deriva dalla diretta ed abituale coltivazione della terra e dal governo del bestiame ed, inoltre, che non occorre che tale attività sia prevalente rispetto ad altre attività eventualmente svolte dal coltivatore, né, ancora, che non rileva il carattere periodico o stagionale dei lavori agricoli (rif. Cass. 18 gennaio 1983, n. 475; Cass. 7 marzo 1981, n. 1289; Cass. 11 giugno 1979, n. 3294; Cass. 23 aprile 1980, n. 2664).

Quanto, infine, ad una eventuale prova, la Cassazione ha precisato che non è necessaria l’esistenza di una prova documentale, dalla quale debba risultare la qualità di coltivatore diretto (rif. Cass. 1° settembre 1982, n. 4769: “la qualità può essere comprovata con ogni mezzo di prova e sulla base di circostanze di fatto risultanti dalle prove”).

In conclusione si può affermare che per escludere la prelazione in favore dei confinanti è sufficiente la sussistenza, in capo al comproprietario non alienante, della qualifica di coltivatore diretto ed, in ogni caso, dei requisiti indicati dall’articolo 31 della legge 26 maggio 1965, n. 560.

Se, invece, l’imprenditore agricolo, comproprietario non alienante, non è coltivatore diretto, sussisterà la prelazione in favore dei proprietari di fondi confinanti, purché gli stessi abbiano la qualità di coltivatori diretti.

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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