Prelazione e pluralità di confinanti: applicabilità dei criteri preferenziali

Il diritto di prelazione del confinante, disciplinato dall’articolo 7 della legge 817/1971 in coordinato con l’articolo 8 della legge 590/1965 – con l’esclusione, tuttavia, del requisito della coltivazione del terreno da almeno due anni, stante la diversa ratio sottostante i due istituti – è riconosciuto ed esercitabile anche nel caso in cui esistano più fondi contigui a quello messo in vendita.

Tale circostanza non crea problemi applicativi nel momento in cui sia uno solo dei confinanti ad essere interessato all’esercizio del diritto di prelazione, mentre tutto cambia qualora vi sia la volontà da parte di una pluralità di confinanti di esercitare il predetto diritto.

Al fine di dirimere le controversie che inevitabilmente si sarebbero venute a creare, il Legislatore nel 2001 è intervenuto predisponendo un ordine di preferenza basato su precisi e tassativi criteri. L’articolo 7 del D. Lgs. 228/2001, infatti, prevede il riconoscimento della preferenza in “presenza, come partecipi nelle rispettive imprese, di coltivatori diretti e imprenditori agricoli a titolo principale di età compresa tra i 18 e i 40 anni o in cooperative di conduzione associata dei terreni, il numero di essi nonché il possesso da parte degli stessi di conoscenze e competenze adeguate ai sensi dell’articolo 8 del regolamento (CE) n. 1257/99 del Consiglio, del 17 maggio 1999”, ossia – in quest’ultimo caso – di specifiche qualità soggettive volte al percepimento di aiuti comunitari al fine di facilitare il primo insediamento dei giovani agricoltori, nonché di qualità oggettive concernenti la redditività dell’Azienda ed il rispetto dei requisiti minimi in materia di ambiente, igiene e benessere degli animali.

Occorre precisare che la qualifica di “compartecipe” prevista da tale articolo non è assimilabile a quella di “coadiuvante” al fine di potersi giovare del criterio preferenziale riconosciuto ai giovani coltivatori diretti.

Una famiglia coltivatrice all’interno della quale uno dei componenti teoricamente possieda i requisiti di età previsti dal citato articolo 7 del D. Lgs. 228/2001 non potrà pertanto vedersi riconosciuta il diritto ad essere preferita ad altri confinanti nell’esercizio del diritto di prelazione in forza della normativa interna e comunitaria sopra richiamata.

L’unico soggetto titolare, ai sensi dell’articolo 7 della L. 817/1971 resta il solo proprietario del terreno confinante e non può pertanto essere esteso a soggetti diversi, nemmeno in caso di collaborazione stabile e prolungata quale membro della famiglia coltivatrice. I legami di sangue non sono – di fatto – rilevanti nell’ottica dell’esercizio del diritto.

In tal senso, chiarificatrici sono le numerose pronunce della Suprema Corte, la quale ha più volte statuito che, alla luce della tassatività dell’elencazione dei requisiti necessari all’esercizio del diritto di prelazione prevista dalla normativa di settore (articolo 8, L. 590/1965 e articolo 7, L. 817/1971), il diritto di prelazione ed il relativo diritto di riscatto non possono essere riconosciuti in capo ad altri se non al soggetto che risulta titolare dei diritti stessi, ossia l’affittuario coltivatore diretto od il proprietario del fondo confinate.

Tali diritti non potranno pertanto essere riconosciuti in capo a coloro che coadiuvano il soggetto “titolare” nella conduzione del fondo che dà diritto alla prelazione, anche se in presenza di una impresa familiare ai sensi dell’articolo 230 c.c., in quanto i rapporti intercorrenti tra i soggetti appartenenti il predetto nucleo familiare non hanno rilevanza esterna nei confronti del proprietario-promittente alienante del fondo oggetto del diritto di prelazione (per tutte, cfr. Cass. Civ., Sez. III, 26 marzo 1999, n. 2896).

Posta l’assenza di criteri preferenziali in capo a tutti i confinanti che intendono esercitare il diritto di prelazione sul fondo posto in vendita, nell’impossibilità quindi di trovare soluzione nella normativa, torna ad essere punto di riferimento la giurisprudenza, il cui orientamento ormai consolidato è quello di dare rilievo, in caso di contenzioso, alla valutazione di quale dei soggetti coinvolti sarebbe in grado di trarre la migliore sistemazione aziendale a seguito dell’accorpamento al proprio compendio aziendale del fondo oggetto di contesa (cfr. Cass., Sez. Un. 18 ottobre 1986, n. 6123; Cass. 8 giugno 1995, n. 8701). Occorrerebbe, a tale fine, prendere in esame, a titolo esemplificativo, l’estensione dei fondi, il risultato che deriverebbe dall’accorpamento a seguito dell’esercizio del diritto di prelazione, la comparazione fra le diverse realtà aziendali e così di seguito.

Nessun rilevo è dato, tuttavia, al momento in cui ciascuno degli aventi diritto ha manifestato la propria volontà di esercitare il diritto di prelazione in quanto in alcun modo il criterio temporale costituisce un criterio preferenziale di scelta.

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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