Rinuncia alla prelazione

Uno dei problemi che ha determinato l’insorgere di un notevole numero di contrasti giurisprudenziali è quello relativo alla rinuncia all’esercizio della prelazione: in particolare, in quale momento e con quali formalità il coltivatore possa effettuare una valida rinuncia alla prelazione.
Alcune pronunce della Suprema Corte hanno stabilito che la rinuncia non può precedere la “denuntiatio”. Pertanto, poiché ai sensi dell’art. 8, terzo comma della legge n. 590 del 1965 è necessario che il proprietario notifichi “con lettera raccomandata al coltivatore la proposta di alienazione trasmettendo il preliminare di compravendita”, occorre che la rinuncia sia successiva a questa notifica, in quanto deve trattarsi di rinuncia ad un programma negoziale ben preciso (cfr. per tutte: Cassazione del 29 aprile 2005 n. 8997; Cassazione del 10 agosto 1988 n. 4920; Cassazione del 3 settembre 1985 n. 4590; Cassazione del 13 novembre 1984 n. 5727).
Altre volte la Suprema Corte ha affermato che perché la rinuncia sia valida, a parte la forma scritta, basta che essa presupponga che il beneficiario della prelazione abbia avuto conoscenza completa di tutti gli elementi essenziali della proposta di acquisto. Ed inoltre è stato sottolineato che in tal caso la rinuncia in forma scritta può essere presentata anche anteriormente alla “denuntiatio” (cfr. per tutte: Cassazione del 14 aprile 2000 n. 4858; Cassazione del 29 maggio 1998 n. 5306; Cassazione del 26 gennaio 1995 n. 936).
Pare, in definitiva ed in via prudenziale, che il tempo utile ai fini di una valida rinuncia sia quello successivo all’avvenuta informazione del coltivatore sull’intento di alienazione del fondo rustico. Pertanto, comunque sia stata data questa informazione, la quale deve, in ogni caso, contenere: il soggetto promittente acquirente; il prezzo; le condizioni di vendita del bene, essa determina l’insorgere del meccanismo della prelazione, il che appare sufficiente per ritenere la rinuncia regolarmente presentata.
In sintesi, dunque, sorto il diritto di prelazione, la rinuncia può essere presentata; ma perché il diritto di prelazione possa qualificarsi come esistente, occorre che il coltivatore sia adeguatamente informato sul contenuto del programma di cessione del bene.
Una volta effettuata, in qualsiasi forma, la “denuntiatio”, la rinuncia deve comunque essere presentata per iscritto, a pena d’invalidità, con la conseguenza che, ai sensi dell’articolo. 2725 codice civile, la prova testimoniale idonea a dimostrare l’avvenuta rinuncia è ammessa soltanto nel
caso di perdita incolpevole del documento contenente la rinuncia stessa (cfr. per tutte: Cassazione del 21 marzo 1995 n. 3241).
E’ stato anche affermato dalla giurisprudenza della Cassazione (cfr. Cassazione del 2 agosto 1993 n. 8525) che il consenso manifestato dal coltivatore al trasferimento del terreno a terzi implica la rinuncia, ma a patto che possa desumersi che il coltivatore abbia ricevuto comunicazione in una forma qualsiasi, ma completa di tutti gli elementi essenziali della proposta.
Occorre infine sottolineare come dottrina e giurisprudenza si siano posti il problema se la rinuncia all’esercizio della prelazione possa ritenersi regolarmente presentata allorquando la “denuntiatio” concerna un preliminare di vendita per persona da nominare, nel quale non sia ancora individuato il soggetto promittente acquirente. In proposito la giurisprudenza appare ferma nel dichiarare che il contratto preliminare stipulato nella forma del contratto per persona da nominare, per l’incertezza che esso comporta in ordine al soggetto acquirente e per il disorientamento che provoca nel coltivatore, cui non vengono prospettati elementi sicuri ed immutabili di valutazione, non possa essere utilmente adottato nel sistema normativo della prelazione agraria (cfr. per tutte: Cassazione del 25 gennaio 1991 n.751; Cassazione del 31 gennaio 1986 n. 634; Cassazione del 13 maggio 1983 n. 3272; Cassazione del 8 aprile 1981 n. 1998).

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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