Vendita in blocco ad un prezzo unico di un fondo agricolo costituito da un unico corpo

In dottrina ed in giurisprudenza più volte si è posto il quesito se, in caso di vendita in blocco ad un prezzo unico di un fondo agricolo costituito da un unico corpo e formato da porzioni con destinazioni colturali diverse, il confinante coltivatore diretto, che non ha esercitato il diritto di prelazione, possa chiedere il riscatto per una singola porzione del fondo, avente una specifica destinazione colturale, sostenendo la invalidità della notifica della proposta di alienazione sulla base della mancanza della distinzione dei prezzi per le singole porzioni del fondo destinate a colture diverse.

I numerosi problemi che sorgono dalla suesposta fattispecie sono di tre tipi:

1) Se opera la vendita in blocco nella prelazione agraria

La risposta è in senso negativo, infatti, mentre la dottrina ha ritenuto che il problema della vendita in blocco si pone per la prelazione urbana, non altrettanto accade per la prelazione agraria, per la quale esiste una norma (art. 7, comma 3° della legge n. 817 del 1971) per la quale “nel caso di vendita di più fondi ogni affittuario, mezzadro o colono può esercitare singolarmente o congiuntamente il diritto di prelazione rispettivamente del fondo coltivato o dell’intero complesso di fondi”.
La giurisprudenza della Cassazione ha in proposito avuto modo di precisare che “la prelazione ed il riscatto agrari da parte del coltivatore diretto, proprietario del fondo confinante con quello posto in vendita sono configurabili anche quando quest’ultimo costituisca parte di un blocco immobiliare più ampio oggetto della vendita, sempre che il suo distacco dal complesso fondiario non menomi un’unità poderale inscindibile od un’unica azienda agraria, ma l’appezzamento costituisca un’unità poderale autonoma e distinta dal resto dei terreni” (Cassazione: Sentenza n. 4797 del 26 luglio 1986).
Inoltre, la Cassazione non ha precisato che “l’istituto della prelazione agraria [..omissis..] assolve a finalità di razionale sfruttamento della proprietà agricola, [..omissis..] e perciò, essendo il diritto di prelazione esercitabile anche quando il fondo su cui si appunta è parte d’una più vasta estensione, purché in questo caso presenti un’autonomia colturale e produttiva, l’accertamento della sussistenza delle condizioni che consentono l’esercizio del diritto di prelazione va compiuto non avendo riguardo alla configurazione data dalle parti al contratto di vendita, ma tenendo conto della situazione oggettiva, così da verificare da un lato se il terreno trasferito si presenti frazionato in appezzamenti aventi caratteristiche diverse e diverse colture, e dal lato opposto se il terreno non debba esser ciò nonostante considerato un fondo oggettivamente unitario, per essere le attività svolte dal precedente imprenditore sui diversi appezzamenti coordinate tra loro, si da costituire
aspetti complementari d’unica gestione” (Cassazione: Sentenza n. 2757 del 3 aprile 1990).
Stante quanto sopra si può sostenere che in tema di prelazione agraria possa esercitarsi la prelazione anche limitatamente ad una striscia limitata di terreno coltivata diversamente dal resto, a patto che non venga in tal modo infranta l’unitarietà funzionale del fondo coltivato.
A tale fine sembra opportuno ricordare che tale requisito ricorre quando il fondo coltivato ha una sua unitarietà di azienda agricola e la coltivazione separata non infrange detta unitarietà o, ancora, quando il fondo costituisce esso stesso unità poderale autonoma.

2) Se il coltivatore diretto del fondo confinante può esercitare il diritto di retratto quando egli sia stato posto nella condizione di esercitare il diritto di prelazione e non l’abbia fatto
In merito a tale problematica si deve rilevare come il coltivatore possa esercitare l’azione di retratto esclusivamente se egli non sia stato posto nella condizione di esercitare il diritto di prelazione. Se egli, invece, potendo limitarsi ad esercitare il diritto di prelazione limitatamente alla porzione di terreno di coltivazione specializzata non l’abbia fatto, non potrà in una fase successiva accampare un diritto che opera soltanto se il diritto di prelazione non sia stato esercitare.
Dunque, sulla base di quanto esposto il retratto non potrà essere utilizzato per un ripensamento del coltivatore, il quale si sia convinto che poteva esercitare il diritto di prelazione e non l’ha esercitato.

3) Se per l’esercizio della prelazione agraria è rilevante il modo con il quale il fondo è stato inserito nel contratto preliminare di vendita
Quanto al suddetto problema, secondo la giurisprudenza, non rileva come in concreto sia stato indicato il terreno, bensì occorre far riferimento alla configurazione oggettiva e fisica del terreno. Dunque nella nostra fattispecie le possibilità sono relative al fatto che la coltivazione differenziata del terreno determini o meno un frazionamento aziendale. In un caso, il primo, si potrà esercitare la prelazione; nell’altro, il secondo, il diritto di prelazione non potrà essere esercitato. In entrambi i casi, però, il diritto di retratto dovrà ritenersi venuto meno.

Avvocato Chiara Roncarolo

Avvocato Maurizio Randazzo

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